Il sequestro di persona è un reato gravissimo, a prescindere da come si concluderà la vicenda giudiziaria dell’ex Ministro Salvini davanti al Tribunale di Palermo per il caso Open Arms.
E l’aver deciso da solo o insieme ad altri ministri non modifica le sue responsabilità. La nostra Costituzione peraltro non prevede responsabilità collettive del governo per decisioni prese da un ministro nell’ambito delle sue prerogative.

Ma anche se si trattasse di responsabilità collettiva, la legge non dice che in tal caso debba essere suddivisa tra chi ha commesso un reato.

Insistere su questo punto da parte di Salvini è solo un tentativo di spostare l’attenzione dell’opinione pubblica.

Il rinvio a giudizio chiesto dal procuratore Lo Voi a carico di Salvini segna l’inizio di un lungo percorso giudiziario.

Tuttavia il reato di sequestro di persona è stato commesso con tale sfacciata propaganda, rivendicato più volte in tutte le sedi, compresa l’aula bunker di Palermo, che, a prescindere dalla decisione del tribunale, è palese la responsabilità politica. Infatti l’ex ministro della propaganda non ha mai negato di aver sequestrato 147 persone, tra queste anche un gruppo di minorenni, ma ha sostenuto di averlo fatto (non da solo) per difendere i nostri confini.

Quelle persone, scese a terra dopo 6 giorni grazie all’intervento del tribunale di Agrigento, inermi e con l’unico probabile intento di chiedere asilo, non rappresentavano in alcun modo una minaccia per il nostro Paese. La decisione di bloccare la nave di Open Arms senza indicare, come prevedono la legge italiana e le convenzioni internazionali, il porto sicuro più vicino (Place of Safety), sequestrando un gruppo di uomini, donne e minorenni, come sottolineato dalle associazioni che si sono costituite parti civili – tra queste l’Arci Sicilia – è un reato aggravato dalla circostanza di essere stato commesso da un ministro che ha abusato dei suoi poteri.

Il fatto che il sequestro possa essere stato disposto strumentalmente per ottenere una risposta alla richiesta di condivisione rivolta agli altri governi dell’Ue, non rappresenta un’attenuante, semmai un’ulteriore aggravante. La richiesta poteva infatti essere portata avanti dopo aver messo al sicuro i naufraghi, come è comunque avvenuto.

In realtà ciò di cui si è occupato da ministro il leader leghista, e che continua a impegnarlo, è stato ed è rincorrere il consenso, alimentando paure e razzismo. Lo sta facendo in questi giorni, alzando la voce contro lo ius soli, finalmente riproposto da Letta, segretario di quel Pd che con Renzi non ha avuto il coraggio politico di votare in Senato una riforma già approvata alla Camera e che avrebbe aperto una nuova stagione di diritti per le persone di origine straniera.

La nostra speranza è che si apra presto una fase nuova, in cui siano i partiti e la politica, la sinistra a indicare la via del diritto e dell’uguaglianza per affrontare i problemi della società, e non i tribunali della Repubblica. Nell’attesa, i soggetti organizzati, associazioni, sindacati e movimenti, dovranno continuare a portare avanti le vertenze sociali e le battaglie civili promuovendo mobilitazioni, indispensabili anche in questo periodo difficile segnato dalla pandemia.