Nelle recenti vacanze, mentre una combriccola di scriteriati al potere si è data da fare per fomentare guerre e accelerare la fine del genere umano, ho assistito a un paio di scene che hanno mostrato il lato infantile del maschio adulto, e non è detto che le due facce non possano convivere.
La prima scena è legata alla Torta dei re Magi o Galette des rois, dolce tipico del centro Europa con il quale si celebra l’Epifania. Si tratta di una torta composta da un cerchio di panetti dolci, ricoperti di zucchero e mandorle, uniti a formare una specie di corona. Dentro a uno di quei panetti è nascosta la statuina di un re.

CHI LA TROVA vince la corona di cartone, venduta con la torta, e diventa re o regina per un giorno con conseguente diritto di comandare e decidere cosa fare. Certo, è la commercializzazione di una tradizione antica, quando al posto del re di plastica c’era un fagiolo, una mandorla o un confetto, ma quel che conta è il simbolico e per questo quel gioco è amato sia dai grandi che dai bambini. Ora, se siete un padre, avete dei figli sotto i dieci anni e per caso trovate voi il re di plastica, che fate? Potreste, per non deludere il bambino, rimettere di nascosto il re in un altro panetto, prendere la corona e concederla al figlio come regalo, proporgli di portarla un po’ voi e un po’ lui giusto per condividere onori e oneri, dargli la rivincita giocandovi il re di plastica a carte o dadi, tirare fuori la Torta dei re Magi che avete comprato come riserva e, insomma, penso che ai più verrebbe voglia di inventarsi qualcosa per sdrammatizzare. Beh, non era di questo avviso il padre che ho visto passeggiare con il figlio appresso per le strade di una città svizzera. Lui, l’adulto, girava pieno di orgoglio e soddisfazione con la corona di cartone in testa, mentre il figlio più o meno decenne lo seguiva immusonito, brontolante e per nulla contento. Certo, perdere non piace a nessuno e anche i bambini devono imparare a gestire la sconfitta, ma c’è bisogno di sbattergliela in faccia così?

CI SONO situazioni in cui l’ostentazione della vittoria pecca di ipertrofia diventando dannosa o ridicola. A meno che quel padre abbia una nostalgia così lancinante della propria infanzia da mettersi in competizione con il figlio. Non vorrei essere nei panni di quel pargolo. È proprio a questo bisogno di regressione che è legata la seconda scena che ho visto. Anti vigilia di Natale, negozio di abbigliamento maschile a Milano. Davanti a me c’è una coppia sui sessant’anni, di aspetto danaroso e borghese, che acquista una discreta quantità di regali: maglioni, sciarpe, calze, cuffie. Terminata la spesa il negoziante domanda: «Vi faccio i pacchetti regalo?». Lei risponde: «No, no, ci penso io, anche per quello di mio marito. Vuole il pacchetto da mettere sotto l’albero anche se sa già cosa c’è dentro. Gli piace aprire i pacchi, tutti, anche quegli degli altri». Essendo a pochi centimetri non posso fare a meno di chiedere: «Anche quelli dei bambini?». Lei risponde: «Eh sì, anche quelli. Da anni fa così». Lui, che è lì accanto, sorride sornione. Io aggiungo: «Ma almeno li apre lentamente per prolungare la sorpresa?». E lei: «No, no. Strappa proprio via la carta con foga. Sembra un bambino impaziente. Ormai siamo rassegnati». Quando escono, il negoziante mi sussurra: «L’ha riconosciuto?». «No. Perché?». «Lui è stato uno dei ministri del governo Monti”. A casa verifico. La sua faccia non compare nemmeno fra i sottosegretari. Avrà millantato. Fra questa debolezza e quella di accaparratore di regali altrui, francamente non so quale è più sconfortante.

mariangela.mianiti@gmail.com