Ma Carmelo Zappulla non era già stato sdoganato? A scanso di equivoci Il ragazzo della Giudecca con e su Zappulla non è un’operazione di «sdoganamento» e non potrebbe esserlo visto che proprio sulle pagine de il manifesto nei primi anni ’80 alcuni critici d’assalto si occuparono in tempo reale della (post)sceneggiata e di altre pratiche basse e poi caso mai certi interventi di «risarcimento culturale» hanno ragion d’essere per fenomeni (registi, attori, filoni ecc..) ancora in voga. Oggi molti soprattutto delle ultime generazioni non sanno neanche chi è Zappulla, che però giustamente è stato riesumato per un’operazione di tutt’altro segno. Infatti è stato non solo con Nino D’Angelo uno degli artisti di punta del gruppo dei protoneomelodici dei primi ’80 – quelli per intenderci che anticiparono la successiva versione «di destra» di Gigi d’Alessio, Gigi Finizio e compagni – e uno dei campioni d’incasso con la formula cinemusicale (Pover’ammore, Pronto… Lucia, Laura… a 16 anni mi dicesti sì, Zampognaro innamorato) condivisa con D’Angelo erede dei musicarelli degli anni ’60, ma anche protagonista di una vicenda giudiziaria all’italiana. Il cantante napoletano d’adozione e di origini siciliane (è nato a Siracusa 59 anni fa) l’ha ricostruita nell’autobiografia Quel ragazzo della Giudecca. Un artista alla sbarra edita da Power Sound nel 1998 che ora ha ispirato il film diretto dal trentenne ebolitano Alfonso Bergamo al suo secondo lungometraggio dopo l’esordio nel 2013 con Tender Eyes, vari corsi e diplomi in Regia e alcuni cortometraggi prodotti con la sua casa di produzione Look Inside e premiati in alcuni festival (Ai Confini Dell’Anima, The Labyrinth, The Composition).
A Battipaglia il set è stato aperto alla stampa per seguire le riprese iniziate il 16 marzo a Siracusa nel quartiere del centro storico della Giudecca dove Zappulla è nato e cresciuto prima di trasferirsi a Napoli e poi proseguite nella provincia di Salerno tra Eboli, Battipaglia e San Gregorio Magno (durano sei settimane e si sono concluse tra la fine di aprile e i primi di maggio). Il ragazzo della Giudecca, prodotto dalla Uncovering Cinema Production, è la storia di un uomo di successo, dalle origini modeste e difficili, dei suoi affetti non sempre ricambiati, delle sue amicizie sincere o infide. Di un uomo che matura lentamente attraverso le esperienze vissute, senza però, perdere la grinta, fino a raggiungere traguardi insperati ed esaltanti. Accusato da uomini di pochi scrupoli di essere il mandante di un omicidio(quello dell’amante della madre vedova), subisce l’umiliazione della cella di isolamento per circa un mese e di un clamoroso processo. Una seconda accusa, sempre per la medesima motivazione, porta alla richiesta di una nuova custodia cautelare. Agghiacciato dalla precedente esperienza si dà alla latitanza. Da animale braccato vive il tempo del processo tra fughe e travestimenti, sempre con l’ansia di essere catturato, fino alla sentenza definitiva e alla sua completa riabilitazione nell’agosto del 1993. E il giovane regista Bergamo, autore anche della sceneggiatura con Craig Peritz, vuole dare all’incredibile vicenda il respiro della parabola emblematica di Zappulla da beniamino delle platee popolari a feroce mandante di un «delitto d’ onore». Un famoso interprete di sceneggiate e film della tradizione napoletana sarebbe stato un uomo di Cosa Nostra?
Era impensabile quindi nonostante si tratti di una fiction che come tale concede licenze fantastiche, che il protagonista fosse interpretato da un attore. Carmelo Zappulla infatti che ha ancora una forte motivazione per rendere pubblica la verità e chiarire una volta per tutte l’abbaglio giudiziario, è interpretato da se stesso mentre suo figlio Massimo è lui da giovane. Se è vero che all’epoca sui personaggi della sceneggiata napoletana e sui giri neomelodici si addensavano nubi di probabili contatti con mafia e camorra e di coinvolgimenti della malavita organizzata, è anche vero che tra la fine degli anni ’70 e i primi ’80 il sistema giudiziario italiano scivolò in derive giustizialiste e mediatiche all’insegna delle semplificazioni e facili equazioni con tanto di «sbatti il mostro in prima pagina» (vedi il caso Tortora).
«Voglio che si sappia tutto sul mio caso giudiziario e sulla mia esperienza di braccato. – dice appunto il cantante neomelodico – Ho trascorso tre anni di latitanza, dal 93 e 94, con mia moglie Anna e due figli gemelli Marco e Luca. Questo il motivo principale che mi ha spinto a fare questo film. Durante la mia latitanza ho scritto anche molte poesie oltre che canzoni. Quello che comunque alla fine dice questo film è che la giustizia alla fine vince sempre. Io ci ho sempre creduto alla magistratura. Il mio caso giudiziario è nato dal fatto che da ragazzo, tra i molti amici che avevo, c’era anche uno che divenne un malavitoso. Una cosa che ha fatto sospettare molta gente di me e che ha alzato poi un polverone sul mio possibile coinvolgimento nella vicenda. Mi sono ritrovato così a un certo punto contro sette collaboratori di giustizia, tutti con versione diverse della storia e che probabilmente cavalcavano anche la mia notorietà. Si era, non dimentichiamolo, all’epoca di Enzo Tortora». Nonostante il low budget, Il ragazzo della Giudecca che uscirà nella primavera 2016, oltre ai Zappulla padre e figlio schiera un buon cast con Tony Sperandeo nei panni del Pubblico Ministero che dà la ‘caccia’ al cantante, chiedendone persino l’ergastolo, Giancarlo Giannini in quelli del giudice Mangrella, che iniziò il processo e credeva nell’innocenza dell’imputato, Franco Nero che è un bonario ergastolano che il protagonista conosce in carcere. E ancora Luigi Diberti, Mario Donatone, Chiara Iezzi, Loretta Rossi Stuart.