La collana «La memoria restituita. Fonti per la storia delle donne» edita da Viella e diretta da Marina Caffiero e Manola Ida Venzo arriva al suo quattordicesimo volume: Una marchesa in viaggio per l’Italia. Diario di Margherita Boccapaduli. 1794-95 (a cura di Gilles Bertrand e Marina Pieretti, pp. 400, euro 34).

PARTITA nel 2007, per un’iniziativa congiunta dell’Archivio di stato di Roma e della Sapienza – Università di Roma, la collana mira alla pubblicazione di testi prodotti da donne fra tardo medioevo ed età contemporanea, rimasti inediti o comunque poco noti: generalmente perché le scritture femminili non hanno ricevuto la stessa attenzione di quelle maschili, il che inserisce il progetto nell’ambito degli studi di genere, dove però l’edizione dei testi offre un valore aggiunto alla semplice analisi di temi quali la storia dell’istruzione, dell’alfabetizzazione, della famiglia, dei sentimenti. Il Diario di Margherita Boccapaduli testimonia il viaggio di una ricca e colta signora della nobiltà romana (sebbene fosse nata a Camerino) che, in un’epoca in cui il Grand Tour sembrava riservato agli uomini, attraversò l’Italia raccogliendo nel suo diario il racconto delle tappe, degli incontri e delle meraviglie visitate, con sguardo attento soprattutto all’arte, alle scienze e ai costumi sociali.

MARGHERITA ERA NATA nel 1735 dai marchesi Antonio Maria Sparapani e Costanza Giori; da parte materna poteva vantare illustri ascendenze cardinalizie. Quando i suoi prozii morirono senza successori le destinarono la primogenitura perpetua, con la donazione di un ingente patrimonio immobiliare a Roma e una dote di 20.000 scudi. Vero è che questi beni erano legati da strettissime clausole, ma Margherita poté usufruirne da sola, dopo la morte del padre e dell’unica sorella, quando era ancora minorenne. A diciannove anni sposò il marchese Giuseppe Boccapadule, patrizio romano.

IL MATRIMONIO fu celebrato a Roma nel palazzo nobiliare della sposa, fatto costruire nel 1720 dal prozio cardinale e da lei ereditato, ed è lì che visse con la madre, animando uno dei salotti romani più ricercati dell’epoca, dove riceveva intellettuali, artisti e viaggiatori internazionali. È in questo contesto che nel 1767 incontrò Alessandro Verri, fratello di Pietro, più giovane di lei di qualche anno, con il quale cominciò una relazione sentimentale. Nel 1792 Margherita ottenne l’annullamento del matrimonio, che non aveva generato prole, e dopo questa data poté rifugiarsi a Camerino con il Verri per poi cominciare il tour registrato dal diario.

DOPO IL RIENTRO a Roma adottò una bambina che due coniugi tedeschi in fuga durante il primo esperimento repubblicano del 1798 le avevano affidato. Nel 1814 la fece sposare con il nobile romano Urbano del Drago. Verri morì nel 1816 e, nonostante la tarda età, Margherita continuò ad amministrare accortamente le sue notevoli rendite; nel testamento lasciò tutto a favore della figlia adottiva; tuttavia la morte prematura della giovane la indusse a modificarlo a favore di Urbano del Drago. Margherita morì a Roma, nel suo palazzo, il 13 dicembre 1820.

DI LEI RESTA un ritratto a figura intera, opera del 1777 del pittore francese Laurent Pecheux che la dipinse nel suo gabinetto di storia naturale, del quale si può vedere un bellissimo tavolino di stile egizio opera di Piranesi. Anche il quadro venne ereditato dalla famiglia del Drago, ma per volontà testamentaria è passato di recente al museo di Roma-Palazzo Braschi ed è adesso esposto all’interno della mostra su Canova. Eterna bellezza, appena inaugurata. Sarà anche illustrato in una visita guidata (alle 14.30) che fa da apertura alla presentazione del libro e soprattutto del Diario sinora inedito della marchesa, sempre a Palazzo Braschi, oggi, alle ore 16.