Una volta Pierangelo Garegnani mi disse: «Keynes è stato un disastro per la teoria economica perché ha introdotto il termine aspettativa», vale a dire l’idea che lo studio delle attese detenute dai soggetti circa il futuro sia un elemento portante dell’economia politica. Compito della politica economica diventerebbe, dunque, quello di orientare le aspettative nella direzione desiderata.

Molti economisti eterodossi vedono addirittura nell’incertezza in cui si formano le attese il vulnus del capitalismo. Sia nella versione ortodossa che eterodossa, quella di basare l’analisi economica sulle aspettative è una teoria assai debole che trascura i fatti reali, che sono invece quelli che dobbiamo studiare anche per spiegare la formazione delle aspettative. La diseguaglianza e la conseguente debolezza della domanda aggregata sono dal punto di vista eterodosso, per esempio, il vulnus reale del capitalismo e fonte di incertezza nelle decisioni di investimento.

Da questo punto di vista il varo del Qe da parte della Bce ci è apparso come un grande esercizio mediatico, in cui la centralità assegnata alle aspettative ben si adatta al grande proscenio della comunicazione in cui non c’è soluzione di continuità fra finzione e realtà. Al riguardo, se la professionalità di molti commentatori economici fai da te è assai dubbia, non è però questo il caso di Carlo Bastasin de Il Sole 24 Ore, il quale purtuttavia commenta che, sebbene il Qe non possa da solo «rilanciare consumi e investimenti la cui mancanza affligge l’economia europea», esso «può attenuare la sfiducia ormai radicata che è la prima causa del vuoto di domanda».

Attenuare la sfiducia, ecco. Base su cui il ministro dell’Economia Padoan può incitare le famiglie a spendere e le imprese a investire. Sulla fiducia. Come dire: il Qe non ha grandi effetti, ma se voi cominciate a credere che ne abbia, allora li avrà. Insomma, se il Qe fallisce è pure un po’ colpa vostra.

La fiera delle aspettative su cui si fonda il Qe è che se la gente credesse davvero che il Qe farà ripartire l’inflazione, allora anticiperà gli acquisti, per esempio di case o di auto, così da far riprendere domanda, produzione, investimenti e livello dei prezzi. Ma faglielo capire alla famiglia che ha perso il lavoro e al suo datore di lavoro che ha chiuso bottega! E anche i più fortunati vorranno vedere il cammello della ripresa prima di spendere di più, non si accontenteranno dell’aspettativa del cammello.

Già nel 2004 un ottimo economista della Bce, Ulrich Bindseil, commentando il primo Qe effettuato dalla Banca del Giappone nel 2001 affermava che al di là dell’infondata associazione monetarista di aumento della liquidità a maggiore inflazione, non si capisce come maggiore liquidità alle banche possa tradursi in maggiore spesa e uscita dalla deflazione, per cui l’unico argomento a difesa del Qe è che «tanto male non fa». Un po’ poco per la tragedia che viviamo.

A sostegno di effetti reali del Qe resta dunque solo il deprezzamento dell’euro, che accentua il ruolo dell’Eurozona come destabilizzatore dell’economia mondiale e comunque insufficiente a indurre una seria ripresa, e il puntello ai debiti sovrani. Quest’ultimo del tutto relativo visto che il rischio relativo all’80% dei titoli pubblici acquistati da ciascuna banca centrale nazionale (Bcn) sarà a carico dalla medesima banca, ovvero dallo Stato a cui appartiene. Il che crea un circolo vizioso per cui la Bcn puntella lo Stato il quale puntella la Bcn.

Naturalmente Draghi fa quel che può, ma ciò non ci esime dal riconoscere che senza la fine dell’austerità – che non è nell’orizzonte delle élite europee – si sta curando il cancro con l’aglio (o forse col Prozac).

In sintesi, il Qe avrà effetti marginali, ma sufficienti per giustificare il Padoan di turno nel continuare a promettere la ripresa per l’anno successivo. Per altri commentatori il Qe apre spazi per la sinistra e, laddove fallisse, dischiuderebbe la strada al «Qe per il popolo», la distribuzione di liquidità direttamente a ciascun cittadino. Ma in tempi così grami e di fiera delle aspettative come si fa a biasimare chi fa un po’ sognare la gente? Attenti al risveglio però.