Una volta aveva paura del pungiglione. E non è il solo. «Quando nel 2015 Mara Alacqua, la responsabile di Cambalache, mi ha proposto di frequentare il corso di apicoltura di Bee My Job, mi sono spaventato. Mi sono letteralmente gelato. Ci ho pensato a lungo, poi ho deciso di provare».

Abdoul Sane, senegalese apicoltore e formatore, racconta così gli inizi del suo nuovo mestiere. «In Senegal, dove facevo l’elettricista, avevo paura delle api, lì sono molto più aggressive. Mi era capitato di essere punto e probabilmente sono allergico a quel tipo di api perché la puntura mi ha provocato dei forti bruciori e problemi per giorni. Tuttavia, un po’ di dimestichezza con il lavoro agricolo l’ho sempre avuta visto che mio padre è contadino».

Bee My Job è un progetto di apicoltura sociale nato nel 2015 ad Alessandria grazie all’associazione Cambalache. L’iniziativa ha permesso di formare nuovi apicoltori tra rifugiati e richiedenti asilo. A oggi sono 170 i ragazzi divenuti apicoltori e oltre 100 i tirocini avviati, diversi dei quali si sono trasformati in contratti di lavoro in aziende del settore, che hanno sottoscritto una carta etica per il rispetto dei diritti del lavoratore.

Un documento elaborato assieme all’Unhcr – Agenzia Onu per i Rifugiati – che nel 2018 e nel 2019 ha sostenuto il progetto, scelto come best practice «sia per le sue capacità di formazione e le prospettive che offre in termini di inclusione, sia per l’impegno contro ogni forma di sfruttamento in agricoltura».

Il settore agricolo in Italia è caratterizzato da rapporti di lavoro instabili, di breve durata e legati alla stagionalità. Si calcola che siano oltre 200 mila i lavoratori irregolari impiegati nel nostro Paese in questo settore. Un contesto dove spesso a essere utilizzati come manodopera sfruttata sono migranti e rifugiati: uomini e donne giunti in Italia alla ricerca di protezione e di un futuro migliore e che si trovano invece vittime di un sistema di caporalato che impone lavoro sottopagato e dequalificato. Ecco perché Bee My Job vuole essere un ponte tra formazione e integrazione, ambiente, lavoro e dignità. Tutto questo grazie all’ape (bee in inglese).

Dopo essere stato una delle prime persone formate nel progetto, Abdoul Sane ha iniziato a formare a sua volta i nuovi «beneficiari», nonché andare nelle scuole per attività di «apididattica» rivolta ai più giovani. «Mi piace condividere ciò che so. Vedo molti ragazzi che inizialmente sono spaventati come ero io all’inizio del lavoro, ma cerco di spiegare loro che le api europee sono più docili di quelle africane. Per me questo lavoro è una vera e propria terapia psicologica, che mi aiuta a superare i momenti bui attraversati. All’inizio, prima di buttarmi in questa attività, avevo bisogno di capire se le api italiane mi avrebbero dato gli stessi problemi di quelle africane. Allora sono andato a cercarmi una puntura di ape e ho notato che, al di là del dolore momentaneo, il giorno dopo era già sparito tutto. Mi è bastata una puntura per capire che quello sarebbe stato il mio futuro».

Ad Alessandria, nel parco urbano comunale del Forte Acqui, ci sono trenta arnie. Abdoul passa minuti e minuti a osservarle, per comprendere il ruolo che ciascuna ha all’interno dell’alveare. Una comunità straordinaria, fatta di collaborazione e dove la contaminazione è la chiave per creare valore, come dovrebbe essere in tutte le società umane.

«Oltre ad avere il fondamentale ruolo nell’impollinazione, le api sono sentinelle ambientali, sanno dirci se un ambiente è sano o inquinato. Per proteggerle – spiega Abdoul – bisogna rispettare l’ambiente, non usare pesticidi, coltivare fiori e piante che alle api piacciono».

Bee My Job abbina la formazione a moduli complementari di lingua italiana, orientamento e sicurezza sul lavoro, formula che lo ha reso modello replicabile e riconosciuto in ambito internazionale. È inoltre più volte «uscito» dal territorio di Alessandria, in alcuni casi allargando la formazione anche ad agricoltura e allevamento. Nel 2018 ha condotto due percorsi sperimentali in Emilia Romagna e in Calabria; nel 2019 è sbarcato nella Piana di Gioia Tauro, sostenendo il progetto Terragiusta di Medu – Medici per i diritti umani.
Nel 2020, sempre in collaborazione con Medu, si terrà un’edizione in Toscana, a Vicofaro. Ma la grande novità sarà ad Alessandria, dove quest’anno è nata una vera e propria Academy, in cui a partire dal 17 febbraio verranno formati 15 apicoltori tra rifugiati e richiedenti asilo provenienti da diverse zone d’Italia, e dove Abdoul sarà tra i gli insegnanti.

Infine, è in programma il sostegno ad Api Romane per un percorso di apicoltura urbana a Roma, con l’installazione di un piccolo apiario al parco De Chirico, finanziato dal V Municipio. E proprio a Roma, il 13 dicembre scorso, il progetto è stato protagonista di una conferenza organizzata in collaborazione con Unchr, a cui hanno preso parte rappresentanti di vari ministeri. «La nostra esperienza – spiega Cambalache – dimostra che è possibile costruire percorsi di inclusione efficaci in grado di garantire una crescita e un inserimento professionale ai rifugiati in aziende che hanno necessità di manodopera e fornendo ai lavoratori anche gli strumenti per muoversi e orientarsi nella società in cui sono entrati a fare parte».