Seymour Hersh,premio Pulitzer per il giornalismo nel 1970 con ampia inchiesta sulla «London Review of Book» (ripresa ieri da Repubblica), conferma quanto «il manifesto» scrisse sull’attacco al gas sarin in Siria del 21 agosto 2013: che a usare il micidiale gas sul distretto di Damasco di Goutha non era stato il regime di Assad ma i ribelli jihadisti, armati – conferma Hersh – dagli Amici della Siria (Turchia e Usa in primis). I giornaloni dicevano esattamente il contrario.

Contro l’ evidenza. Noi, consapevoli del copione di falsi pretesti delle guerre precedenti, insistevamo sul fatto che perfino Assad non poteva essere così arrogante da sparare armi di distruzione di massa il giorno dopo l’ingresso in Siria degli Osservatori Onu che aveva invitato, e non così stupido da farlo mentre vinceva militarmente sul fronte orientale contro i ribelli.

Eppure le immagini di bimbi straziati e le urla lancinanti telecommentate in gramaglie, furono sul punto di scatenare i raid «umanitari» occidentali. Non andò così grazie alla proposta russa che avviò lo smantellamento, in corso, dell’arsenale di Assad.

Contenti del nostro lavoro di verità, abbiamo deciso di darci il premio Pulitzer. Seymour Hersh, che questo giornale ha anche intervistato, sarà solidale. Il Pulitzer anche per quello che scrivemmo sull’irachena Nassirya occupata dagli italiani «brava gente» scoperti come criminali solo ora dalle Iene; e anche per quello che stiamo scrivendo sull’Ucraina. Una crisi che non solo non legittima l’esistenza della Nato, ma al contrario rende evidente che la strategia dell’allargamento a est dell’Alleanza atlantica alimenta e prepara una nuova guerra.