Esiste la famiglia naturale? La risposta sembrerebbe scontata se non fosse che, per chi si confronta con i testi, entrando con competenza nel merito storico, antropologico e filosofico-politico, non vi è dubbio che non si sia in presenza di un’innocua aggettivazione da derubricare frettolosamente. È invece piuttosto impegnativo chiederselo, spiega Michele Saporiti che sceglie proprio quella domanda come titolo del suo esordio saggistico edito da Mimesis, concentrandosi sui due termini: famiglia e natura. Si potrà obiettare che molto è stato scritto sul carattere dell’istituto giuridico, sta di fatto che è utile proseguire a esercitarsi sulle sue stratificazioni concettuali per capire dove finisce il significato e dove invece comincia la strumentalità.

Nella articolata dicotomia tra diritto naturale e diritto positivo, altrettanto dicasi del termine «natura» che diventa oggetto contundente e argomento di conflitto quando il diritto poggia su criteri oggettivi giacché la normatività si pretende intrinseca alla realtà naturale.

Descrive bene il fraintendimento Patrizia Borsellino nella prefazione di questo interessante lavoro che affonda sull’art. 29 della Costituzione, ricostruendo la vicenda politica che ne ha animato la discussione. Nella complessità del dibattito e dei rapporti tra famiglia e società spiccano i nomi di Teresa Noce, Nilde Iotti, Maria Federici, Angelina Merlin.
Se l’esito porta a riconoscere la discrasia tra il «naturale» e le libertà individuali, è in un altro libro di Matteo Bonini Baraldi che viene affrontata la relazione tra matrimonio, omosessualità e costituzione. Si intitola La famiglia de-genere (Mimesis) e come il volume precedente è inserita nella collana Lgbt diretta da Francesco Bilotta. L’autore entra nel vivo della discussione pubblica confrontando il quadro giuridico italiano e quello straniero, scandagliando alla radice le due proposizioni che, nelle società occidentali, hanno goduto di un evidente favore: «l’eteronormatività della famiglia» e «la solitudine esistenziale degli omosessuali». Fermarsi a un’origine essenzialistica della famiglia non nasconde solo l’evoluzione di un istituto giuridico ma neutralizza i corpi e il rapporto della norma con quei corpi, si potrebbe aggiungere lo stesso contratto sessuale anteriore a quello sociale – come ci ha informato Carole Pateman.

Il disconoscimento non è allora casuale bensì sofisticato, materiale e simbolico, manipola i piani del discorso per conservare un privilegio e corroborare la tesi secondo cui la mancata adesione a una norma eterosessuale e patriarcale va disinnescata e punita. Eppure la questione del matrimonio tra soggetti dello stesso sesso non è qualcosa che interessa solo una sparuta minoranza, come suggerisce Bonini Baraldi, indica invece un elemento più generale che riguarda tutti e tutte perché si fonda sul legame con la libertà singolare in uno scenario multiforme come quello dei contesti famigliari.

La domanda è, quindi, cosa ne facciamo di questa famiglia già plurale e composita? La archiviamo come fosse una «formazione sociale specifica» che può regolarsi con gli istituti già previsti nel codice civile, oppure allo statuto di esistenza possiamo aggiungere la speranza di restare su un dato di realtà? In molti hanno analizzato e comparato i vari ordinamenti non solo italiani.

Per chiarire che livello di declinazione sussista si può leggere una collettanea, La famiglia omogenitoriale in Europa (Ediesse) a cura di Alexander Schuster e Maria Gigliola Toniollo. Il riferimento, tra le altre cose, è al progetto finanziato dall’Unione Europea Rights on the move il cui scopo è stato quello di fotografare le difficoltà che affrontano le famiglie omogenitoriali e transgenitoriali quando fanno uso della possibilità di circolare e soggiornare in altri stati. Le narrazioni esperienziali delle «famiglie arcobaleno», come si legge in La famiglia inattesa (Mimesis) di Federico Ferrari, pongono dunque il tema grande di come argomentare e interloquire pubblicamente sul proprio posto nel mondo. E si imparano molte cose, una di queste è che la felicità, come l’affettività che spinge al legame, non si piega al cavillo né al cretinismo dogmatico.