A fine Agosto ritorno al cohousing e trovo solo Ernesto, che di rado lascia il paese: nutre gli animali e custodisce il luogo. Sono stati giorni di quiete e letture, idee e progetti, ma anche giorni cupi sotto un cielo italiano di nuvole nere: crolli, incidenti e macerie. Al cohousing, negli ultimi mesi, Olga ha tirato fuori tutti i trucchi, praticati negli ecovillaggi, per migliorare la comunicazione di gruppo: il cerchio, il bastone della parola, esercizi di yoga e meditazione. Non ci sono stati grandi risultati, fino all’ultima riunione, quando ci siamo permessi il confronto su bilanci e futuro. Il gruppo, negli anni, è cambiato, rispetto alle persone, equilibri e regole. Oggi questa piccola «comunità intenzionale» trova identità nel progetto Orosia: cohousing, azienda agricola, laboratorio di ricerca culturale, in un panorama internazionale sempre più ricco di esperienze sui temi della co-abitazione e dello sviluppo eco-sostenibile. Dice Pier: «Ne sono contento, e non mi sento più come i monaci a sfidare con la luce di candele gli incendi di città. Lavoro nel e per il mondo». Lo interrompe Luigi: « Non mi piace il mondo come è, voglio sfidarlo, con una rivoluzione culturale che parte dal piccolo e dalla terra». Si sfoga Nora: «Sfatiamo il mito che co-abitare in campagna sia marmellate, orto, felicità e relax. Ci vogliono troppe risorse mentali, emotive ed economiche per le buone relazioni» e, a Lola che ribatte: «Ma relazione è amore, è speranza di qualcosa di nuovo e di diverso» lei incalza: «sarà, ma anche fatica, assenze, frustrazioni e conflitti». È Aurora che ci rimette in assetto di volo. Parla del libro di Alberto Magnaghi, architetto urbanista: «Il progetto locale. Verso la coscienza di luogo» (Torino, 2010). Magnaghi propone la prospettiva «Territorialista», ovvero ridare valore ad una «coscienza di luogo»come tutela dei beni comuni: paesaggi urbani o rurali, produzioni locali, saperi. Come «riprogettazione del territorio su basi di autosostenibilità e decrescita». E’ un testo di Movimento, riferimento della «Società dei Territorialisti/e» che propone dai territori un cambiamento dal basso e radicale del mondo, recuperando lo spessore del passato, ma anche pratiche e direzioni nuove indicate dagli abitanti dei luoghi, presenze vive interpellate per il benessere e l’armonia con la terra. Penso che sia una buona rotta per chi cerchi una prospettiva comune di bellezza, cultura e comunità. Pilastri fra noi e noi e noi ed il mondo di un ponte, prezioso bene comune, a cui dobbiamo dedicare cura e manutenzione con impegno, continuità e generosità, per non vederlo crollare.