Un week-end catastrofico per The Lone Ranger e Variety, forse un po’ precipitosamente (due giorni prima che il film arrivi in sala!), anticipa che Pacific Rim farà più o meno la stessa fine del pastiche comico/western di Gore Vrebinsky. Dopo «l’implosione» dell’industria hollywoodiana predetta a inizio giugno da George Lucas e Steven Spielberg di fronte a una platea di studenti della University of Southern California, anche da questa parte dell’oceano, c’è aria di guerra aperta contro i blockbuster. Persino l’all time favorite Superman, appaiato con un darling dei critici come Chris Nolan, ha problemi: il film va bene al botteghino ma al «tometometro» (del sito di recensioni Rotten Tomatoes) Man of Steal registra solo il 57% di pareri positivi. Insomma, si ripropone la temibile, bacchettonissima, battaglia del «film pop corn» contro il «film d’arte».

A prescindere di come andrà o meno al box office, l’uscita del nuovo lavoro di Del Toro – un progetto d’autore forte, per un’opera piena di idee e di ambizione formale – sembra una buona occasione per ricordare anche anche quando si parla di budget da 250 (185 circa nel caso di Pacific Rim) milioni di dollari, c’è film e ……film. Specialmente in Europa, Spielberg e Lucas sono stati accusati di ipocrisia per aver gridato «al lupo» dopo essere stati loro stessi i responsabili della creazione del blockbuster moderno. Quello che forse molti non sanno, o non si ricordano, e che ai tempi della loro uscita, Star Wars e Jaws erano film originalissimi, impensabili e contro la grana di quello che passavano all’epoca gli Studios (la prima leggendaria preview tra amici di Star Wars provocò le risa di molti amici del regista e il panico alla Fox).

Il grande problema della Hollywood contemporanea non sta necessariamente nel tipo di film che viene fatto, ma nel come, e nel chi li fa. È un problema che Steven Soderbergh aveva identificato molto bene in un’intervista rilasciata in primavera al settimanale New Yorker: «Il peggiore sviluppo nell’industria del cinema, specie da cinque anni a questa parte, è il modo in cui vengono trattati i registi. È diventato orribile come chi ha i soldi si senta autorizzato a – per essere espliciti- scorreggiare in cucina. E non mi riferisco solo agli studios, ma a chiunque oggi finanzi un film. Non capisco l’assunto secondo cui un regista è sempre dalla parte del torto quando si parla dei gusti di un pubblico da cui presumibilmente viene anche lui. E che fa il cinema proprio in virtù di essere stato parte del pubblico». E questo vale sia per i film da 250 milioni di dollari che per quelli da 5.