«Non è ammissibile che ci si consideri partner inaffidabili», afferma l’ex ministra Teresa Bellanova poco prima che la delegazione del Movimento 5 Stelle arrivi al Colle. È la precondizione posta giovedì da Matteo Renzi per sedersi al tavolo delle trattative per dar vita al Conte ter e l’incognita riguarda soprattutto i 5 Stelle.

Non basterebbe dire a mezza bocca che non ci sono veti nei confronti di nessuno. Il leader di Italia viva vuole qualcosa di più esplicito e più impegnativo, soprattutto di più «riparatore» dopo le dichiarazioni fragorose che per settimane hanno ripetuto «Mai più con Renzi».

In questi casi le sfumature vogliono dire tutto.

Quando Vito Crimi scioglie la suspense, la soddisfazione dei renziani è piena. Perché il reggente non si limita a cancellare ogni veto, parla esplicitamente di un’alleanza «a partire dalla maggioranza dell’ultimo anno e mezzo». Senza neppure alludere al neonato gruppo dei Responsabili.

NON SI TRATTA di un particolare. Proprio quel gruppo, anzi tutta quell’operazione fallita, sono la bestia nera del rottamatore. Solo a nominarli s’imbufalisce. Il ragionamento è secco: se si cerca la pace non si possono allo stesso tempo tentare mosse bellicose provando a rendere aggiuntivi i senatori di Iv.

Soprattutto deve terminare subito il tentativo di indebolire i renziani cercando di far cambiare bandiera a qualche senatore di Iv. In concreto significa chiedere lo scioglimento del gruppo degli Europeisti, con il ritorno al Pd della senatrice in prestito Rojc senza la quale non ci potrebbe più essere gruppo.

Ma significherà anche, se e quando la trattativa diretta si aprirà davvero, mettere in testa alla lista delle richieste la sostituzione di Rocco Casalino come responsabile della comunicazione di palazzo Chigi. È lui che Renzi considera il regista della fallita operazione.

IL PRESIDENTE MATTARELLA si è speso molto per spianare la strada. Il risultato è accolto con palese soddisfazione dai renziani. «Ci sono i presupposti per fare un buon lavoro, un governo più forte di quello precedente», esulta Ettore Rosato.

Anche il mandato esplorativo, esplicitamente chiesto da Renzi e contrastato invece dai tre partiti della maggioranza, soddisfa Italia viva. Sarà un’esplorazione lunga, dunque non limitata a verificare se Giuseppe Conte è davvero il nome giusto. Per quello non ci sarebbe stato bisogno di esplorare molto: nel perimetro di questa maggioranza, un altro nome papabile non c’è.

Il compito di Roberto Fico sarà dunque quello indicato dal leader di Iv: verificare la possibilità di trovare l’intesa sui contenuti, ciascuno dei quali si porterà però dietro il suo bravo nome. Parlare di giustizia significa mettere in discussione il ministro Alfonso Bonafede, che i 5 Stelle considerano ormai già sacrificato, affrontare l’emergenza sanitaria porta dritti a Domenico Arcuri, cioè al cuore del sistema di potere e di governo di Conte, e la stessa cosa vale per i ministri Lucia Azzolina, Nunzia Catalfo e persino Roberto Gualtieri, anche loro nel mirino di Renzi.

MA SOPRATTUTTO il mandato esplorativo blocca sul nascere l’eventuale tentazione di Conte di far saltare il banco a metà trattativa per tentare di nuovo l’operazione Responsabili, sperando di riuscire dove ha fallito in questa fase ma anche puntando, in caso di nuova sconfitta, a rendere inevitabili elezioni anticipate che dispiacerebbero a lui meno che a chiunque altro nella maggioranza. Delle quali anzi sarebbe forse ben lieto.

L’esplorazione serve a imbrigliare Renzi, costringendolo a uscire dall’ambiguità, ma anche e in egual misura lo stesso Conte. Dopo la perlustrazione di Fico dovrà muoversi invece in un solco già tracciato, senza la possibilità di tentare comunque la sorte in aula da premier incaricato.

L’EVENTUALE FALLIMENTO di un confronto orchestrato nella sua fase iniziale e più delicata da Fico, con la discreta supervisione del Quirinale, porterebbe infatti inevitabilmente a esperire la seconda via chiesta da Matteo Renzi, quella del governo istituzionale.

Con i suoi il rottamatore è andato giù secco: «Ci sono due strade: un governo politico se c’è l’accordo con noi, un governo istituzionale se salta l’accordo». Non sarebbe neppure questa una strada facile e sicura ma la destra, ha fatto capire Matteo Salvini al termine della consultazione al Quirinale, in caso di fallimento di Fico non resterebbe in panchina.

Il sospetto che possa essere proprio Renzi a rendere impossibile l’intesa per un governo politico è inevitabile. Solo i prossimi giorni diranno se è fondato o no.

Ieri però, per la prima volta, ha preso corpo la possibilità che invece si rassegni ad accettare il ritorno di Conte. Ma certo non gratuitamente.