Bucarest si è risvegliata confusa dopo una giornata di proteste per dire basta alla corruzione. Il presidente romeno Klaus Iohannis è stato uno dei primi a reagire: «Condanno con fermezza l’intervento brutale della polizia e l’uso sproporzionato della forza nei confronti della maggioranza dei manifestanti in piazza». «Il ministero dell’Interno è chiamato a spiegare urgentemente il modo in cui è stata gestita la situazione», ha poi aggiunto l’ex-sindaco di Sibiu, nonché esponente del Partito Nazionale Liberale (Pnl). Nell’ultimo periodo Iohannis è stato costretto a una difficile coabitazione con il governo del Partito Social Democratico (Psd) della prima ministra Viorica Dancila.

LA JANDARMERIA, la polizia militare romena, è sotto accusa per le violenze di venerdì sera nella capitale che restituiscono un bilancio di oltre 400 feriti. Non si sono invece registrati episodi di tensione nelle altre città: Cluj-Napoca, Galati, Iasi e Timisoara, quest’ultima epicentro di quella rivoluzione del 1989 che portò alla caduta del regime di Nicolae Ceausescu. Secondo gli organizzatori venerdì sono scese in piazza quasi centomila persone in tutto il paese, soprattutto romeni della diaspora. Ma la protesta non si ferma, anche ieri sera una folla numerosa è tornata a radunarsi davanti al palazzo del governo.

A far precipitare ancora di più la situazione di venerdì, l’inatteso sgombero di piazza Victoria cominciato alle undici di sera, a pochi passi dall’omonimo palazzo sede del gabinetto di Dancila. Le forze dell’ordine hanno evacuato la piazza a colpi di cannone ad acqua. L’uso di gas lacrimogeni non ha fatto altro che aumentare il caos tra le decine di migliaia di romeni residenti all’estero accorsi a Bucarest per la manifestazione.

Sono stati loro i protagonisti indiscussi della mobilitazione. «È stata una protesta piena di emozioni forti ma pacifica. L’evacuazione forzata della piazza non era assolutamente necessaria e ha fatto crescere la rabbia dei manifestanti. Speriamo soltanto che la situazione non degeneri nei prossimi giorni», racconta Andreea, una esponente della diaspora romena che ha lasciato il suo paese 7 anni fa.

I CANALI vicini al governo del Psd come Antena 3 e Romania tv hanno preferito mostrare le immagini di una poliziotta in assetto antisommossa circondata e pestata da alcuni teppisti. Le altre reti invece hanno scelto di dare rilievo alle manganellate distribuite alla rinfusa dalla jandarmeria.

Nel pomeriggio di ieri la ministra dell’Interno Carmen Dan ha negato ogni coinvolgimento del suo dicastero nella decisione di sgomberare piazza Victoria, scaricando così la responsabilità sul prefetto. «Quello che è successo l’altra notte resta grave ma non possiamo accusare la jandarmeria che ha applicato la legge», ha spiegato all’Agerpres, la principale agenzia di stampa romena. Dan si è anche affrettata a chiarire che il numero uno del Psd e presidente della camera bassa, Liviu Dragnea, non ha avuto alcuna influenza nella gestione della situazione. Ma secondo molti analisti, Dragnea resta l’eminenza grigia della maggioranza e il burattinaio che muove i fili del paese, nonostante la condanna per reato di frode elettorale che lo rende ormai inadatto a ricoprire altre cariche politiche.

Mai come ora i cittadini romeni sono consapevoli che sarà difficile fare piazza pulita della corruzione. Un sentimento accresciuto dalla recente rimozione di Laura Kovesi dalla Direzione Nazionale Anti-Corruzione (Dna), una decisione confermata il mese scorso dallo stesso Iohannis in seguito ad una sentenza della Corte Costituzionale.

DIFFICILE prevedere se le proteste possano portare ad elezioni anticipate, obiettivo dichiarato dei manifestanti. Ma la società civile ha ancora dei buoni motivi per sperare: le spettacolari proteste invernali del 2017 avevano costretto il Psd a rinunciare a un provvedimento che mirava a depenalizzare alcuni reati di corruzione, a tutto vantaggio dei politici locali. Nonostante il forte impegno della Dna durante il mandato di Kovesi, la trasparenza politica resta ancora un miraggio a Bucarest: secondo i dati raccolti da Rand Europa su incarico del Parlamento europeo la Romania è infatti il paese più corrotto in Europa.