Ieri il Parlamento europeo ha fatto appello per la scarcerazione di Taner Kilic, presidente di Amnesty International Turchia dal 2014 e da anni impegnato nella difesa dei diritti umani nel paese, arrestato lo scorso 7 giugno dalla sua casa a Smirne.

È stato arrestato insieme ad altri 22 avvocati con un’accusa ormai ben nota: legami con il movimento Hizmet dell’imam Gülen, considerato da Ankara la mente dietro il tentativo di colpo di stato del luglio 2016.

«Chiediamo alle autorità turche il rilascio immediato del presidente di Amnesty International in Turchia Taner Kilic e degli altri arrestati», ha detto ieri in sessione plenaria il presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani.

Tajani ha poi fatto appello perché il governo turco faccia cadere «le accuse ove non ci fossero prove certe del loro coinvolgimento nel mancato colpo di Stato. La Ue è una comunità di valori e libertà e saremo sempre dalla parte di chi si batte per difendere i diritti umani».

Dall’Europa arriva però anche una «bocciatura»: la Corte Europea per i diritti umani ha rifiutato il ricorso di un insegnante turco licenziato nell’ambito della campagna epurativa di massa lanciata dopo il tentato putsch e che ha portato alla cacciata di centinaia di migliaia di dipendenti pubblici.

La motivazione: prima avrebbe dovuto ricorrere alla Commissione d’inchiesta turca istituita con lo stato di emergenza a gennaio.