Mentre a Siracusa una nave con 47 migranti è tenuta ferma a due miglia dal porto, a Roma nell’aula magna della Corte di cassazione la cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario 2019 parte dai diritti. Nella relazione del primo presidente della Corte, Giovanni Mammone, è il primo paragrafo: «È compito degli Stati moderni apprestare strumenti idonei per dare risposta alla richiesta di tutela che gli individui, cittadini e non, richiedono per i loro diritti».

«Le moderne costituzioni predispongono a strumento istituzionale di tutela i giudici», aggiunge Mammone, e immediatamente viene da pensare al fatto che sono stati tre giudici, a Catania, a non fermarsi davanti a un ministro per provare a garantire i diritti dei sequestrati sulla nave Diciotti. Giudici ai quali Salvini ha risposto che per occuparsi di lui avrebbero dovuto prima farsi eleggere. «Evitare ogni regressione in materia di diritti umani è un compito che si è dato la comunità internazionale», è invece l’aggiunta di Mammone. Che di nuovo non parla di «cittadini» ma di «esseri umani»: «Tutti nascono liberi e uguali in dignità e diritti, nella nostra Costituzione l’individuo è centro e punto di riferimento di ogni diritto».
Si torna a parlare di migranti quando Mammone, scalando la rituale montagna di dati e cifre che testimoniano di una giustizia sia civile che penale ancora in profondo affanno, si sofferma su una statistica clamorosa. Il peso dell’arretrato civile sulla Cassazione l’anno scorso è aumentato a causa della mostruosa crescita dei ricorsi in materia di protezione internazionale: +512%. Immediata la spiegazione: il decreto Minniti-Orlando, ministri dell’interno e della giustizia del governo Gentiloni, ha dimezzato il diritto alla difesa dei richiedenti asilo. Che dalla metà del 2017, in caso di bocciatura della richiesta di asilo da parte delle commissioni territoriali, non hanno più – come hanno tutti – la possibilità di rivolgersi a due gradi di giudizio civile (tribunale e corte d’appello) ma solo al primo grado, fermo restando il ricorso in Cassazione, che è costituzionalmente garantito. Un diritto dimezzato per una categoria di persone e un carico di lavoro imprevisto e pesantissimo per la suprema Corte. Con una serie di conseguenza sulla effettività della giustizia per tutti da riprendere nel capitolo dedicato alla prescrizione.

Nel commentare la notizia della crescita abnorme dei ricorsi di legittimità nelle cause per il riconoscimento dell’asilo, il ministro Salvini perde l’occasione di scaricare le responsabilità sui predecessori, forse ricordando di essere stato a favore del decreto Minniti-Orlando. Dice che «i ricorsi ci sono sempre stati, ma il decreto sicurezza pone un limite ai quelli palesemente infondati che servono ad arricchire pochi avvocati specializzati. Saranno carta straccia». A parte l’antipatia, comprensibile in Salvini, verso gli avvocati che si occupano di difendere i migranti, il riferimento del ministro dell’interno è alla strumentale abolizione del gratuito patrocinio nel caso in cui i ricorsi civili vengano giudicati inammissibili: un modo per scoraggiare i meno abbienti dal tentativo di vedere riconosciuti i loro diritti. E anche a questo che probabilmente pensava il presidente del Consiglio nazionale forense Andrea Mascherin, intervenuto anche lui alla cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario, quando ha detto che «il processo deve essere ancorato alle garanzie e ai diritti non comprimibili, quale il diritto di tutti, ma soprattutto dei più deboli, alla difesa».

La fotografia in cifre del sistema giustizia offerta dalla relazione del presidente Mammone restituisce in sintesi un allungamento dei tempi dei processi penali in primo grado e una piccola accelerazione in appello, che pure in media dura due anni e cinque mesi. Di conseguenza è in questo grado di giudizio che la prescrizione incide per il 25% dei procedimenti definiti. Prescrizione, che per effetto delle scelte di questo governo, dal gennaio prossimo non decorrerà più dopo la sentenza di primo grado. Per Mammone sarebbe stato il caso di vedere prima gli effetti della riforma Orlando, che arriveranno tra alcuni anni. Mentre per il procuratore generale della Cassazione Fuzio si sarebbe dovuto contemporaneamente «rimodellare tutti i tempi del processo». Cosa che il ministro Bonafede si è impegnato a fare entro l’anno ma, novità, con un solo disegno di legge delega sul processo sia penale che civile. In arrivo, ha detto, a febbraio.