Secondo un sondaggio del mese scorso, papa Bergoglio batte il record di popolarità in America latina. E per la rivista Times è l’uomo dell’anno. In Argentina, suo paese natale, l’ex arcivescovo di Buenos Aires ha contribuito ad aumentare la fiducia nella chiesta cattolica per il 56% dei suoi concittadini.

E l’incontro con la presidenta Cristina Fernandez – primo capo di stato ad essere ricevuta in Vaticano dopo la sua nomina a pontefice – è servito a mettere la sordina ai dubbi di quanti lo hanno accusato di colpevole silenzio durante gli anni della dittatura militare (1976-’83). L’aperta difesa del premio Nobel argentino Adolfo Perez Esquivel, perseguitato dai militari, ha poi fatto il resto.

Tuttavia, una delle fondatrici delle Abuelas de Plaza de Mayo, Maria Isabel “Chicha” Chorobik de Mariani ha recentemente affermato di non avere dubbi che negli archivi del Vaticano «esistano dati dei bambini scomparsi» durante la dittatura. Le organizzazioni che si battono per ottenere «verità e giustizia» e ritrovare la traccia dei propri nipoti scomparsi stanno premendo sul Vaticano perché vengano aperti gli archivi. E rinnovano la loro richiesta attraverso le alte rappresentanze diplomatiche che presenzieranno alle cerimonie di canonizzazione dei due papi, domani a Roma.

La beatificazione di Giovanni Paolo II ha d’altronde riaperto il dibattito sulla figura di Bergoglio nel panorama latinoamericano e sul ruolo che intenderà giocare al di fuori delle efficaci battute contro gli sprechi e «i mercanti del Tempio». Come si comporterà di fronte ai movimenti popolari dell’America latina che stanno scommettendo sul Socialismo del XXI secolo? Finirà per avere lo stesso ruolo che ebbe Wojtyla con il comunismo?

Il teologo della Liberazione Ruben Dri pone la domanda con forza: tradizionalmente – dice – i poveri sono della chiesa, e questi movimenti di emancipazione le stanno sottraendo terreno. Una figura carismatica come Bergoglio serve solo a bilanciare la questione o farà qualche passo in più per sostenerli? Nessuno, nella chiesa di base latinoamericana ha dimenticato la scure che ha fatto calare Papa Wojtyla sulla teologia della liberazione durante gli anni del suo pontificato: a partire dall’umiliazione pubblica nei confronti del sacerdote Ernesto Cardenal, nel 1982. A Cardenal, poeta e ministro della Cultura del governo sandinista, Giovanni Paolo II chiese di scegliere tra la politica e la chiesa: «Quel che più disgustava il papa della rivoluzione nicaraguense – ha detto Cardenal – era che la rivoluzione non perseguitasse la chiesa. Avrebbe preferito una situazione come quella polacca». E di certo non si fece problemi a stringere la mano al dittatore Augusto Pinochet nel Cile del 1987.

Il Nicaragua di oggi, ancora governato dal sandinista Daniel Ortega ha concesso molto a quella chiesa, soprattutto a scapito della libertà femminile, ma non ne ha stemperato i furori: per via del suo schieramento nel campo del Socialismo del XXI secolo dello scomparso presidente venezuelano Hugo Chavez Frias. La testa di ponte contro i paesi progressisti latinoamericani sono le locali conferenze episcopali, come ha denunciato il presidente della Bolivia Evo Morales durante l’ultima visita in Vaticano. Bergoglio ha dato qualche piccolo segnale, per esempio in Venezuela. Il segretario di Stato Pietro Parolin ha vissuto a lungo a Caracas, è amico personale del presidente ecuadoriano Rafael Correa, il cui ministro degli Esteri, Ricardo Patiño sta mediando nel conflitto tra Nicolas Maduro e l’opposizione all’interno della Unasur. Come mediatore, il Vaticano ha inviato il nuovo nunzio apostolico Aldo Giordano e non lo schieratissimo antichavista Cardinal Urosa, come avrebbe voluto l’opposizione. Quando Maduro è venuto in Vaticano, ha proposto a Bergoglio di esportare in Africa le Misiones, che mirano all’emancipazione degli ultimi e non alla gestione della carità. E gli ha proposto la beatificazione di un medico, già santo per la popolazione. Ora, il ministro degli Esteri, Elias Jaua torna per la canonizzazione dei due papi accompagnato da Padre Numa, un prete di strada vicino al socialismo.

E dal Salvador, l’ex guerrigliero Sanchez Ceren, neo-eletto presidente del Frente Farabundo Marti è venuto a sottoporre a Bergoglio una richiesta di peso: la beatificazione di Monsignor Romero, il vescovo dei poveri assassinato il 24 marzo del 1980.