Incontro decisivo, ieri, a Cuba per i dialoghi di pace tra il governo colombiano e la guerriglia marxista delle Farc. Per la prima volta, il presidente Manuel Santos si è recato all’Avana per incontrarsi con i leader delle Forze armate rivoluzionarie, rappresentate da Timoleon Jimenez, “Timoshenko”. Finora, Cuba ha svolto solo il ruolo di paese ospitante. In quello di facilitatore si è impegnata la Norvegia -, che nel 2012 ha gestito i prodromi del dialogo, continuato poi all’Avana – e il Venezuela, che ha messo in moto la trattativa ai tempi di Chavez e l’ha seguita poi con Nicolas Maduro «La pace in Colombia è un obiettivo centrale della nostra rivoluzione – ha detto Maduro – abbiamo corso tutti i rischi che si possano immaginare per accompagnarla, e continueremo a farlo fino al risultato finale». E anche l’Ecuador è entrato in campo per garantire la mediazione con l’altra guerriglia storica, quella guevarista dell’Eln.

«La pace è vicina. Non tutti ne saranno contenti, ma alla fine si vedranno i vantaggi», ha scritto Santos prima di partire. Sul tavolo, c’è la firma di un accordo di transizione fra le parti che consenta l’avvio della discussione di un testo di legge, la prossima settimana al Senato. Si tratterà di decidere la questione dei prigionieri politici, dentro e fuori il paese. Non un’amnistia, come hanno chiesto i movimenti popolari e che pur sarebbe plausibile in uno stato che ha concesso copertura e impunità al paramilitarismo e al narcotraffico. Si parla invece di istituire colonie agricole per gli ex guerriglieri, in diversi dipartimenti del paese.

La sinistra e le organizzazioni popolari che hanno rivotato Santos perché porti a soluzione politica il conflitto che dura da oltre cinquant’anni avrebbero voluto una svolta sostanziale definita da un’assemblea costituente. Sono invece riusciti ad allontanare solo l’ipotesi di un referendum che avrebbe dovuto ratificare gli accordi di pace. E ora premono per definire un quadro preciso che consenta il passaggio politico dell’opposizione armata in sicurezza: memori delle passate esperienze che hanno sepolto nel sangue il rientro della guerriglia nella sfera dei partiti. Il testo di legge prevede la possibilità da parte del presidente di decidere per decreto ed eventualmente ascoltare le obiezioni delle Farc. Altri punti della legge riguardano la partecipazione ai programmi di sminamento e quella nelle commissioni per la verità; e la riparazione delle vittime, con priorità per i casi emblematici di violazione dei diritti umani. Un tema che ha già messo il dito sulla piaga delle responsabilità dello stato e dei finanziatori (Usa) di devastanti politiche sulla «sicurezza», che hanno portato alle esecuzioni extragiudiziarie e ai «falsi positivi» (l’eliminazione di contadini e sindacalisti fatti passare per «terroristi». Del tema si è cominciato a discutere a luglio.

Le Farc hanno chiamato al tavolo gli Stati uniti e i vertici militari. Obama ha dato il placet a Santos. E ora questi si recherà all’Onu per partecipare alla 70ma Assemblea generale. Un appuntamento determinante a cui andrà anche Raul Castro. Per la prima volta, gli Usa potrebbero astenersi nella votazione sul blocco economico contro Cuba. Negli Usa, Santos conta di incontrare il papa, che ha avuto un ruolo determinante nei dialoghi di pace, a cui ha dedicato parole chiare anche durante la tappa a Cuba. Dalle montagne di Colombia, le Farc hanno scritto una lettera al papa «dei poveri»: affinché «le future generazioni non debbano soffrire quel che abbiamo patito noi: basta con la rapina violenta delle terre ai contadini, con le espulsioni forzate, con i forni crematori, con gli squartamenti con le motoseghe di persone vive da parte dei paramilitari. Mai più lo sterminio di una forza politica, l’assassinio dei dirigenti dei movimenti sociali, né politiche economiche disumane, basta persecuzioni ed esilio…».

Santos e Bergoglio si erano già incontrati in Vaticano. Allora, il pontefice gli aveva regalato un’immagine di san Martin de Tous: il santo patrono di Buenos Aires, sua città natale, che si spogliava degli abiti per darli ai poveri. Il papa argentino è anche intervenuto a favore della presidente Cristina Kirchner nella sua battaglia contro i «fondi avvoltoio». Ha detto parole forti, ribadite nell’Enciclica sull’ambiente, contro le grandi speculazioni internazionali, il colonialismo e lo strapotere delle multinazionali. Si è anche espresso a proposito del conflitto di frontiera tra Colombia e Venezuela, che sta cercando uno sbocco sotto l’egida della Unasur e della Celac.

Dopo la riunione di Quito, che ha prodotto un accordo tra Santos e Maduro, ieri si è svolto a Caracas un incontro interministeriale di alto livello. Il Venezuela è dissanguato dal contrabbando e destabilizzato dai paramilitari colombiani. I commercianti di Cucuta, al nordest della Colombia, affermano che l’80% degli alimenti e dei prodotti che vendono arrivano dal Venezuela e dal contrabbando di confine. Maduro chiede al neoliberista Santos interventi di sostanza per regolarizzare la situazione e costruire «una frontiera di pace».