È destino che in questa surreale crisi estiva la suspense resti alta sino all’ultimo. Stamattina il presidente incaricato Giuseppe Conte è atteso al Quirinale, con la lista dei ministri in tasca, per sciogliere la riserva. L’ultimo ostacolo è stato risolto d’impeto dagli iscritti alla piattaforma Rousseau. Solo che ieri sera la lista non era ancora pronta e non è detto che non subisca qualche ulteriore cambiamento nello studio del capo dello Stato.

IL PD HA DECISO, in nome della discontinuità, di mettere nella propria delegazione solo un ex ministro, Dario Franceschini, che sarà anche capodelegazione, ai Beni culturali. Viene spiegato così il passo indietro di Andrea Orlando, sino a ieri pomeriggio considerato certissima presenza. In realtà quello che sarà d’ora in poi il vicesegretario unico del Pd sarebbe invece furioso perché il ministero a cui teneva, gli Esteri, è stato assegnato a Di Maio, che guiderà una delegazione pentastellata quasi uguale a quella uscente, giusto per segnalare la continuità del governo, e che esce sorprendentemente bene da una vicenda che sembrava destinata a seppellirlo.

LE CASELLE IN SOSPESO sono tutte centrali: il sottosegretariato alla presidenza del Consiglio, postazione già importantissima ma a maggior ragione in un esecutivo senza vicepremier, e i ministeri dell’Economia e degli Interni. Per il sottosegretario Conte ha in mente l’attuale segretario generale di palazzo Chigi Roberto Chieppa. Sarebbe un colpo da maestro che assicurerebbe al capo del governo un controllo assoluto sulla tolda di comando. Luigi Di Maio però insiste per Vincenzo Spadafora, che è stato tra i principali registi dell’operazione che dovrebbe concludersi oggi pomeriggio con il giuramento del governo. Se la spuntasse il colpo da maestro sarebbe suo.

Per quanto riguarda le due caselle centrali in ballo, il Quirinale ha fatto sapere ieri che la voce secondo cui Sergio Mattarella insiste per ministri tecnici è infondata. Il presidente vuole però una figura di sicura competenza per l’Economia e vuole essere ben sicuro che il prossimo capo del Viminale non sfrutti la postazione, come il suo predecessore, per fare propaganda. Per gli Interni la scelta del tecnico, anzi della tecnica, sembra ormai acquisita: sarà, salvo sorprese, Luciana Lamorgese, la prima donna prefetto in Italia, reduce dall’esperienza a Milano, dove ha collezionato la bellezza di 127 sgomberi in 20 mesi. Per l’Economia la partita è più aperta. Il Pd insiste per Roberto Gualtieri ma è probabile che a succedere a Giovanni Tria sia invece uno dei tantissimi nomi tecnici che si sono affollati nel gioco del totoministri degli ultimi giorni: Pisauro, Rossi, Scannapieco o Reichlin, che garantirebbe un rapporto strettissimo con Mario Draghi.

Le altre caselle sono ancora un po’ ballerine perché Conte si è riservato la possibilità, all’interno delle candidature presentate dai partiti, di spostare qualche nome da un ministero all’altro. Alcune presenze sono quasi certe, ma appunto «quasi»: il renziano Guerini alla Difesa, il capo dei senatori 5S Patuanelli alle Infrastrutture, la conferma di Giulia Grillo alla Sanità, di Bonafede alla Giustizia e di Fraccaro ai Rapporti con il Parlamento, l’arrivo del presidente dell’antimafia Morra all’Istruzione. La vicesegretaria del Pd, area Zingaretti doc, Paola De Micheli è a un passo dallo Sviluppo economico mentre la renziana Teresa Bellanova dovrebbe conquistare il Lavoro.

UNA POSTAZIONE particolarmente delicata, alla quale il Quirinale attribuisce massima importanza, è quella degli Affari regionali, la cui assegnazione è ancora incerta. Nella rosa presentata da Leu e composta solo da due petali, Roberto Speranza e Rossella Muroni, non c’è infatti Vasco Errani, che come ex presidente della conferenza dei governatori sarebbe stato il candidato più naturale per quel ministero. E’ probabile che anche quel nodo verrà sciolto solo stamattina al Quirinale. Nella delegazione Pd dovrebbero infine essere presenti altre due donne, Anna Ascani, forse alla Famiglia, e Lia Quartapelle, probabilmente agli Affari europei.

SI PUÒ DARE PER CERTO che la lista reale sarà almeno parzialmente diversa da quelle ipotizzate ieri notte. Ma il carattere del governo non verrà alterato. L’azione del governo si vedrà col tempo ma di certo, per ora, l’esecutivo risponde più all’esigenza di continuità invocata da Di Maio che a quella opposta voluta da Zingaretti, anche se il Pd incassa comunque un risultato importante in Europa, con l’imminente nomina di Paolo Gentiloni a vicepresidente della commissione Ue.

Non solo per la composizione della squadra ma anche per come sono stati risolti i nodi del programma, quelli che Nicola Zingaretti aveva posto come condizioni irrinunciabili. La riforma costituzionale arriverà quasi subito. La legge elettorale che dovrebbe riequilibrarne gli effetti solo a fine legislatura, perché tutti danno per scontato che il governo non sopravvivrà al varo di quella legge. Ma se il governo cadrà prima della scadenza della legislatura si voterà senza alcun correttivo. E i dl Sicurezza verranno modificati solo nei due punti indicati, per il dl bis, dal capo dello Stato.