Si è avvalso della facoltà di non rispondere il premier dimissionario del Kosovo Ramush Haradinaj, ascoltato ieri in veste di sospettato dai giudici del Tribunale speciale per i crimini di guerra commessi dall’Uck (Esercito di liberazione del Kosovo) durante e dopo la guerra in Kosovo. Un dejà vu per «Rambo», nome di battaglia di Haradinaj, che già nel 2005 si era dimesso dalla carica di primo ministro per far fronte alle accuse mossegli allora dal Tribunale internazionale per i crimini nell’ex Jugoslavia. Haradinaj sarebbe stato al vertice di «un’impresa criminale» il cui scopo era la pulizia etnica nella regione di Dukagijn.

Il processo si svolse in un clima di intimidazioni e morti sospette denunciato dallo stesso tribunale. Dieci testimoni chiave a suo carico sono spariti, morti in incidenti stradali dai contorni opachi, ammazzati a colpi di pistola. Eppure Haradinaj venne assolto da tutte le accuse e al ritorno dall’Aja fu accolto in Kosovo come un vero e proprio eroe.

A sette anni dalla sentenza del Tpij la storia si ripete. A convocare Haradinaj è il Tribunale speciale istituito sulla base di un’indagine svolta da una task force speciale all’indomani della pubblicazione del rapporto del Consiglio d’Europa, noto come rapporto Marty, che ha raccolto prove che inchiodano una parte della leadership dell’Uck colpevole di aver perpetrato una campagna di persecuzione contro serbi, rom e albanesi considerati oppositori.

Intanto le dimissioni di Haradinaj hanno scosso la scena politica kosovara. L’ex premier, spinto dalle opposizioni, preme infatti per andare alle elezioni anticipate il prima possibile. Il sospetto è che il capo di Stato Hashim Thaqi approfitti della temporanea uscita di scena di Haradinaj per concludere l’accordo di scambio di territori su base etnica con la Serbia, fortemente osteggiato proprio dal premier.

Un primo avvertimento è arrivato dal partito d’opposizione Vetevendosje. Se il presidente Thaqi posticipa la data delle elezioni, hanno fatto sapere i vertici del partito, si convocherà una sessione straordinaria del Parlamento per sciogliere le camere. «È l’unico modo per fermare il presidente dal tentativo di ritardare la data delle elezioni» ha dichiarato il vice presidente del Parlamento e deputato di Vetevendosje, Glauk Konjufca.

Più complesse le eventuali ripercussioni sul dialogo con la Serbia, in stallo da novembre dello scorso anno quando il governo kosovaro ha imposto dei dazi del 100% sulle merci importate dalla Serbia (e dalla Bosnia). Ignorati gli appelli della comunità internazionale che a più riprese ha chiesto ad Haradinaj di togliere o quantomeno sospendere i dazi come condizione per il proseguimento del dialogo con Belgrado. Una paralisi tale da indurre il presidente francese Emmanuel Macron a cancellare il vertice di Parigi sui Balcani in programma il 1 luglio, un follow up di quello di Berlino del 30 aprile.

Ora le dimissioni di Haradinaj riaprono la partita. Se a vincerla saranno i sostenitori dello scambio impossibile, è tutto da vedere.