Fabio Ciaramelli: «L’elogio aperto da parte di Orban e Putin della democrazia illiberale, non è un fatto isolato. Non è necessario cercarne gli echi nelle dichiarazioni pubbliche. Molto più eloquente è la sua espressione attraverso ciò che l’ultimo Pasolini chiamava “il linguaggio delle cose”, più efficace di quello verbale. Infatti, prima delle parole sono i fatti che stanno suonando il requiem alla democrazia costituzionale, diffondendo al suo posto intolleranza e autoritarismo, cioè un radicale rigetto dei diritti fondamentali come base d’una convivenza civile. L’ideologia della competizione illimitata propria della globalizzazione sdogana gli istinti predatori, la lotta per la sopravvivenza, la legge del più forte. Al loro posto, le garanzie costituzionali sembrano una perdita di tempo: meglio sostituirle con i sondaggi, l’appello alla piazza, la ricerca del consenso immediato».

Sarantis Thanopulos: «Come tu sai molto bene, Fabio, il suffragio universale è una condizione necessaria ma per nulla sufficiente della democrazia. Da solo, senza il resto delle garanzie democratiche, ne sovverte il funzionamento e il significato. La trasforma, piuttosto rapidamente in tirannide. Occupando impropriamente lo spazio della democrazia indiretta, non consente la sedimentazione e l’elaborazione adeguata delle emozioni e dei pensieri che rendono costruttivo il fare collettivo. Favorisce così le emozioni e le azioni impulsive che scaricano le tensioni. La spinta impulsiva trova nella compulsione, nella coazione a ripetere, il suo principio costrittivo di stabilità e quando ciò accade, il consenso diventa obbligo e i cittadini servi. La società dei sondaggi sta diventando società di “manipolazione delle coscienze” (di essa Goebbels è stato profeta), un pericolo mortale per la democrazia a cui la mostruosità nazista (salita al potere con “elezioni libere”) sembra aver insegnato poco o niente».

Fabio Ciaramelli: «Il dato nuovo della fase attuale, reso più acuto dal moltiplicarsi delle migrazioni internazionali, è il successo di visioni totalizzanti della realtà, accompagnate da forme aggressive e contagiose d’intolleranza e autoritarismo. Ed è proprio l’autoritarismo – cioè la più radicale messa in discussione delle conquiste delle democrazie costituzionali, prima fra tutte i diritti fondamentali – il collante nascosto di visioni identitarie e religiose che, pur in lotta tra loro, convergono nel ritenere superata la democrazia liberale. Eppure, nonostante l’ostentato plebiscitarismo dei nuovi leader, le loro decisioni immediate e insindacabili – che si autorappresentano come le uniche capaci di fronteggiare efficacemente la crisi economica col pugno duro – non riescono a mascherare il proprio carattere oligarchico, e quindi prima che illiberale, autenticamente antidemocratico, con buona pace del consenso che le sostiene.

Sarantis Thanopulos: «L’ossimoro di una democrazia senza libertà, che cova un mostro nella sua pancia, esprime il fraintendimento del consenso indifferenziato, di massa, fondato sui soli numeri, come consenso reale del popolo, del demos. Quest’ultimo è, invece, fondato su una condivisione politica, culturale, psicologica, frutto di un’intesa fatta di scambi e mediazioni tra differenze complementari. Le differenze sono fondamentali perché esprimono le tante declinazioni del nostro modo di essere, ognuna delle quali nella sua configurazione più intima non è mai omologabile alla legge dei più, ma fa sempre parte di una minoranza. La maggioranza dei più che opprime le minoranze e le diversità conformando tutti a comportamenti standardizzati, è la più maligna espressione del potere del più forte, che pur quando si incarna in un tiranno è una mentalità anonima che ci disumanizza».