«Non c’è nulla di nuovo». Per il portavoce del governo tedesco, Steffen Seibert, le dichiarazioni del ministro delle finanze Wolfgang Schäuble sulla necessità di un terzo «pacchetto di aiuti» alla Grecia non sono una notizia. Ciò che l’esperto politico democristiano ha detto martedì in una manifestazione elettorale della Cdu non merita troppa attenzione.

«Tutto continua a procedere come previsto», ha assicurato ieri Seibert di fronte ai giornalisti. L’ordine è, con ogni evidenza, quello di minimizzare. Le parole di Schäuble sono state «sovra-interpretate», ha aggiunto l’addetto stampa del governo, impegnato a spegnere un incendio che rischia di divampare a un mese esatto dalle elezioni federali. E quindi: il contribuente tedesco può stare tranquillo, non sono alle viste nuovi crediti per l’iper-indebitata Atene. Se ne parlerà, casomai, alla fine del 2014, quando si concluderà il secondo «programma di aiuti» al paese ellenico.

Difficile credere, tuttavia, che quella di Schäuble sia stata una gaffe, un incidente dovuto all’emozione di parlare davanti ai militanti del suo partito – neanche fosse un Calderoli qualunque. Più probabile che l’esperto dirigente democristiano abbia voluto lanciare un segnale agli elettori e alle altre forze politiche: sicuro della vittoria della Cdu il prossimo 22 settembre, ha creduto utile cominciare a dire una parte di verità per evitare di ricevere, all’indomani del voto, accuse di «tradimento della parola data». Perché, al di là della propaganda, pochi qua in Germania sembrano dubitare della necessità di intervenire nuovamente per sanare le finanze greche.

Sulla stessa linea del ministro delle finanze tedesco infatti c’è anche il vicepresidente della Commissione europea, il finlandese Olli Rehn, responsabile della politica fiscale e monetaria di Bruxelles. In un’intervista rilasciata a un quotidiano di Helsinki, anch’egli non ha escluso la possibilità di nuovi «aiuti». Che, in Grecia, in molti sono lungi dal ritenere tali, essendo sempre accompagnati dall’obbligo di «riforme» economiche – dettate dalla troika Ue, Bce, Fmi – che stanno mettendo in ginocchio il paese.

I prossimi trenta giorni diranno se le parole di Schäuble cadranno nel dimenticatoio o condizioneranno la campagna elettorale. Ieri la Spd ha accusato Angela Merkel di non voler dire la verità ai cittadini, dal momento che la cancelliera mantiene un silenzio sepolcrale sulla faccenda. E se la Grecia avrà bisogno di nuovi crediti – hanno affermato i dirigenti socialdemocratici Sigmar Gabriel e Peer Steinbrück – sarà «per colpa della politica unilaterale del governo Merkel». Il co-segretario dei social-comunisti della Linke, Bernd Riexinger, ha chiarito che non voteranno nessun «pacchetto di aiuti» senza prima vedere «i milionari greci pagare le tasse».

E a farsi sentire è stato anche il nuovo partito anti-euro, Alternative für Deutschland (Afd), a cui i sondaggi – per ora – non attribuiscono più del 3%. Secondo il portavoce, Bernd Lucke, «il terzo piano di aiuti in favore della Grecia annunciato dal ministro delle finanze, sarà una pura donazione, perché i crediti non potranno essere ripagati». Una considerazione non così lontana dalla realtà, in effetti. Che i populisti della Afd fanno, evidentemente, perché vorrebbero che nemmeno un euro tedesco finisse nelle casse dello stato ellenico. Dal loro punto di vista, di «solidarietà» ce n’è già stata fin troppa.