La Commissione elettorale centrale di Mosca ha respinto la candidatura di Alexey Navalny alle elezioni presidenziali che si terranno in Russia il 18 marzo 2018.

NAVALNY era assurto alle cronache nel 2012 quando fu uno dei leader delle proteste contro le frodi elettorali che scossero il paese. Avvocato, imprenditore, blogger, Navalny negli ultimi anni ha costituito un proprio movimento che si è contraddistinto per la lotta contro la dilagante corruzione, ma è stato anche alla testa di movimenti xenofobi e anti-immigrati. In materia economica è convinto assertore delle ricette neoliberali.
In questi ultimi anni ha scientificamente costruito il suo movimento, oggi presente in 83 province russe, con scelte di marketing politico-elettorale in stile americano e personalistico.

LA COMMISSIONE ha deciso di impedirgli di correre per il Cremlino impugnando una norma che prevede l’impossibilità di presentarsi a chi è stato condannato penalmente.
Il politico moscovita, venne infatti condannato nel 2013 per appropriazione indebita. Una condanna in cui molti osservatori colsero la stimmate dell’uso politico della giustizia da parte del regime putiniano.

Queste perplessità vennero confermate dalla sentenza dalla Corte europea dei diritti umani del 2016 in cui si sentenziò che contro Navalny «non aveva avuto luogo un processo giusto», condannando tra l’altro la Russia a pagargli 56mila euro per i danni morali.

CHE LO STATO DI DIRITTO in Russia mostri più di una falla è stato confermato dalla decisione assunta ieri da Putin «“di garantire l’amnistia per coloro i quali faranno rientrare le loro ricchezze dai paradisi fiscali» garantendo agli evasori inoltre una flat tax al 13% fino ad ora solo ad appannaggio della piccola e media impresa.

I sondaggi che circolano continuano a parlare di un Putin ad alto tasso di gradimento tra gli elettori con percentuali che superano il 50%. «Ma Putin non vuole essere eletto ma ricevere un consenso plebiscitario. E Navalny rischiava di rovinargli la festa ottenendo percentuali a due cifre in alcune città della Russia europea» ricordava ieri l’editoriale del Kommersant, l’autorevole giornale della confindustria russa.

NEL 2013 L’AVVOCATO populista nelle elezioni per la poltrona di sindaco di Mosca ere riuscito a catalizzare un disagio trasversale e diffuso che lo aveva portato a sfiorare il 30% dei voti. Ora la diffusa corruzione che avviluppa il paese è diventata motivo persino di risentimento sociale. Tra i giovani, che vedono nel soffocante clientelismo un impedimento alla mobilità sociale verso l’alto, ma anche, in modo crescente, nel mondo delle imprese visto che la corruzione pesa nella misura del 5% sul Pil nazionale. Ora lo scontro Putin-Navalny si sposta sulla partecipazione al voto. Ieri Navalny ha diffuso un video messaggio chiamando i suoi sostenitori a fare «campagna attiva per il boicottaggio del voto» e a presidiare i seggi perché non ci siano brogli. Il portavoce di Putin, Dmitry Peskov, ha reagitoaffermando «che l’invito al boicottaggio viola le leggi russe» e ha invitato la magistratura ad agire di conseguenza. Il Cremlino teme che la bassa affluenza possa delegittimare l’affermazione di Putin.

I CAMPANELLI DI ALLARME sono già suonati. Lo scorso ottobre nelle elezioni per il rinnovo della Duma a Mosca, Pietrogrado e Vladivostok la partecipazione si è fermata al 25%. E questa primavera nelle elezioni circoscrizionali di Mosca in alcune casi l’asticella del 10% non è stata superata. Novaya Gazeta sostiene che la mancanza di forte competitor potrebbe essere persino un boomerang per Putin: molti dei suoi sostenitori potrebbero preferire la gita in dacia a uno scontato rituale elettorale.

Una preoccupazione che ha spinto, non a caso, il Partito Comunista a mettere da parte la candidatura di Gennady Zyuganov, per puntare sul cinquantenne imprenditore agricolo Pavel Grudinin, gradito anche dalla sinistra movimentista del «Fronte di Sinistra» di Sergey Udalzov.