La «rottura» simbolica intervenuta nelle ultime settimane tra il fondatore del Front National, Jean-Marie Le Pen, e sua figlia Marine, rischia di completare l’opera di «sdoganamento» del partito dell’estrema destra francese già in atto da tempo, rendendo ancora più probabile la possibilità, già annunciata da molti sondaggi, che quest’ultima arrivi al ballottaggio – probabilmente con il candidato del centro-destra, ad oggi Sarkozy – nelle presidenziali del 2017.

La forzata rinuncia di Le Pen padre ad essere capolista nella regione Provenza-Alpi-Costa Azzurra in occasione delle prossime elezioni regionali, in programma a dicembre, che ha fatto seguito ad un’intervista al giornale di estrema destra Rivarol, in cui l’ex leader estremista aveva difeso il maresciallo Pétain, dopo aver reiterato le sue dichiarazioni provocatorie sulle camere a gas, già definite in passato come «un dettaglio della Seconda guerra mondiale», sembra indicare che si è giunti alla tanto attesa soluzione di continuità della storia frontista: quello strappo generazionale giudicato sufficiente per non classificare più il partito come estraneo alla «tradizione repubblicana».

Fondato nel 1972 come federazione dei gruppi dell’estrema destra francese: dai nostalgici del regime collaborazionista di Vichy agli integralisti cattolici, dai monarchici ai neofascisti, il Front National ha saputo però incarnare fin dalle origini, con lo slogan «le français d’abord» (prima i francesi), antesignano di quella «preferenza nazionale» divenuta oggi la parola d’ordine di buona parte dei movimenti della nuova destra europea, l’emergenza di un terreno di conquista inedito, rappresentato dall’opposizione alla presenza degli immigrati e dalla richiesta di una sorta di apartheid per l’accesso al welfare.

Ex ufficiale dei paracadutisti sia in Indocina che in Algeria, giovane deputato poujadista negli anni ’50 e in seguito esponente del gruppo neofascista di Ordre Nouveau, Jean-Marie Le Pen non ha mai rinunciato al suo profilo di outsider, incarnando l’idea di un’esplicita continuità con il passato; elemento che gli ha in ogni caso permesso nel 2002 di sconfiggere al primo turno delle presidenziali Lionel Jospin, andando al ballottaggio contro Jacques Chirac.

Con l’arrivo di sua figlia Marine, avvocato parigino cresciuta nell’ambiente degli universitari di estrema destra, al vertice del Fn nel 2011, il profilo del partito ha cominciato a modificarsi: ha affinato in termini sociali il suo programma, un tempo iperliberista e ha fatto dell’opposizione alla Ue e all’Euro il cuore della sua azione, aggiungendo al leit-motiv dell’anti-immigrazione, la denuncia della progressiva «islamizzazione» del paese, ergendosi, paradossalmente a paladino della «laicità repubblicana».

Complessivamente, il partito si è strutturato per gli anni della crisi, raccogliendo, oltre al voto operaio di cui è stato a lungo il maggior destinatario, un consenso crescente presso il ceto medio impoverito e impaurito, fino a diventare la forza politica francese che raccoglie la maggiore progressione elettorale, sia a scapito del centro-destra che dei socialisti.