«Per dodici anni questa Nazione è stata afflitta da un governo che non ascoltava, non vedeva e non faceva nulla. La nazione guardava al governo, ma il governo guardava altrove. (…). Lobby potenti lottano ora per restaurare quel tipo di regime con la loro dottrina per cui il miglior governo è quello più indifferente. (…). Dovemmo combattere contro i vecchi nemici della pace – il monopolio imprenditoriale e finanziario, la speculazione, la spregiudicatezza bancaria, l’antagonismo di classe, il frazionismo (…). Avevano cominciato a vedere il governo degli Stati Uniti come una mera appendice dei propri interessi. E noi sappiamo che il governo del denaro organizzato è pericoloso esattamente quanto quello del crimine organizzato» (Franklin D. Roosevelt, discorso del 31 ottobre 1936 al Madison Square Garden, New York, a tre giorni dalle elezioni presidenziali che lo riconfermarono alla presidenza degli Stati Uniti). Negli anni ’30 come oggi le élite liberali hanno portato l’occidente alla crisi e alla depressione, provocando forti reazioni popolari: la disperazione dei senza lavoro, la delegittimazione di una politica ostinata a “non fare nulla”, la richiesta di protezione rivolta al governo. Negli anni ’30 ci fu una sola risposta democratica, quella del New Deal, fondata sulla tradizione populista “di sinistra” degli Stati Uniti: Roosevelt vinse le elezioni scontrandosi frontalmente con la finanza e imponendole le regole durate fino agli anni ’80. Oggi in Europa – dalla Francia all’Ungheria – a vincere chiedendo un governo che “faccia qualcosa” è, per ora, solo l’estrema destra.