L’Italia potrebbe davvero finanziare la realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina o di un tunnel sottomarino tra Calabria e Sicilia con i fondi del Next Generation EU. E se quando il leader della Lega Matteo Salvini ha rilanciato il progetto, a febbraio, la sua poteva sembrare una sparata, oggi la possibilità di inserire il ponte nel Piano nazionale per la ripresa e resilienza (PNRR) è concreta.

Una commissione presso il ministero delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibile sta studiando la fattibilità dell’intervento e verifica delle soluzioni tecniche ottimali per «l’attraversamento stabile e veloce dello Stretto di Messina», e la Camera ha votato una Relazione sulla proposta di PNRR che richiede «che tale studio sia trasmesso subito al Parlamento ai fini dell’approvazione del parere» e che si valuti «se e quali opere e interventi possano essere realizzati alle condizioni previste dal PNRR» rispetto agli scenari ponte o tunnel.

Il ministro delle Infrastruttura, Enrico Giovannini, è incalzato anche dai colleghi della maggioranza e per questo 10 associazioni ambientaliste – Fai, Federazione Pro Natura, Greenpeace Italia, Italia Nostra, Kyoto Club, Legambiente, Lipu – Birdlife Italia, Tci (Touring club italiano), T&E (Transport & Environment), Wwf Italia – hanno indirizzato una lettera al governo per chiedere di resistere alle pressioni politiche e delle imprese interessate alla costruzione del ponte sullo Stretto.

Le associazioni intervengono, «a sostegno della posizione del ministro delle Infrastrutture Enrico Giovannini che sta valutando le alternative sull’attraversamento dello Stretto sino all’opzione zero», quella cioè che non prevede la costruzione di nessuna opera.«La lettera è stata inviata ieri, 31 marzo, a Giovannini, ma anche al presidente del Consiglio Mario Draghi e al ministro della Transizione Ecologica, Roberto Cingolani.

Quattro le motivazioni espresse per la contrarietà all’opera, di carattere giuridico, economico-finanziario, tecnico, ambientale sostenute dalle associazioni. Le associazioni osservano che già nel 2010 il progetto del ponte avesse un costo stimato – al ribasso – di 7,5-9 miliardi di euro, che però non considerava le 35 prescrizioni di carattere tecnico e ambientale allora richieste nel parere di valutazione d’impatto ambientale. Le modifiche richieste «erano sostanziali e in alcuni casi di una complessità senza precedenti».

I firmatari della lettera chiedono pertanto al governo un confronto per individuare gli interventi veramente necessari per migliorare la logistica e le reti ferroviarie e stradali siciliane e calabresi, pensando nel contempo a velocizzare le relazioni e a favorire l’intermodalità. Le associazioni concludono la loro lettera, facendo notare al governo che «si debba mantenere saldo l’orientamento a presentare progetti credibili e cantierabili, respingendo ogni forzatura per proposte come quella del ponte sullo Stretto di Messina, non sufficientemente motivate, che non passerebbero il vaglio dell’Europa».

Le sirene che strillano tra Scilla e Cariddi sono quelle di imprese come WeBuild (il nuovo nome di Salini Impregilo). L’amministratore delegato, Pietro Salini, in un’intervista a Sky Tg24 nei giorni scorsi ha affermato che «in sei mesi potremmo aprire i cantieri e mettere all’opera 100mila persone, tra lavoratori diretti ed indiretti, che lavorerebbero concretamente per dare un futuro al Sud Italia». Secondo Salini «questo collegamento è importantissimo per il territorio e per il Paese, e noi siamo pronti a partire».

Di diverso avviso il coordinatore nazionale dei Verdi, Angelo Bonelli, e la deputata di FacciamoECO-Verdi, Rossella Muroni, contrari alla «relazione della commissione Bilancio sul PNRR prevede la possibilità di realizzare il ponte sullo Stretto di Messina che andrebbe a sottrarre ingenti risorse al capitolo transizione verde». Secondo Bonelli e Muroni la relazione al PNRR «non affronta con determinazione e coerenza le emergenze ambientali che affliggono l’Italia. C’è troppa timidezza». Unica consolazione, sottolinea Muroni al manifesto, è «che il nuovo Piano nazionale per la ripresa e resilienza passerà di nuovo al vaglio dal Parlamento».