Limitandoci a un’analisi delle finanze pubbliche, possiamo dire che adesso la situazione è sicuramente peggiorata rispetto a tre anni fa, afferma André Freire, professore di Scienza politica dell’Istituto Universitario di Lisbona. Il rapporto debito/Pil è passato dal 100 al 130%. Poi – argomenta il politologo – contrariamene alle aspettative, c’è il dato del Pil del primo trimestre 2014 che è negativo.

Com’è possibile allora sostenere, come fa il governo conservatore di Samaras, che il Portogallo sia tra i casi di successo delle politiche di austerità?

Chi difende l’idea che la situazione sia migliorata sottolinea, in primo luogo, che l’ammontare complessivo del debito sia oggi più congruente con l’effettiva dimensione del fenomeno, visto che fino al 2011 i debiti delle imprese pubbliche non erano conteggiati. Poi, i tassi di interesse sono sensibilmente diminuiti rispetto ai mesi a cavallo tra il 2010 e il 2011, e infine c’è la questione del Pil e dell’occupazione che, dopo un lungo periodo di crescita negativa, presentano ora segni più o meno positivi…

Quanto sono robusti questi dati? È un effetto da pre-campagna elettorale oppure ci troviamo di fronte a qualcosa di più concreto?

Bisogna dire che i tassi di interesse sono diminuiti in tutta Europa, e quindi è difficile capire se siano le politiche della troika o un fenomeno che si deve principalmente all’azione della Bce. Va anche sottolineato che nel 2011 parte dell’aumento dei tassi di interesse e della diminuzione del rating era conseguenza dell’instabilità politica e del fatto che ci fosse un governo minoritario. Il rischio, quindi, è che essendo la diminuzione dei tassi di interesse conseguenza di un fattore esogeno e non del consolidamento effettivo dei conti pubblici, un ritorno all’instabilità potrebbe provocare un ritorno della volatilità e quindi a un problema di finanziamento del debito. Di fatto, ripeto, i fondamentali dell’economia sono peggiorati.

L’aiuto esterno della troika è stato richiesto dall’allora primo ministro socialista José Socrates dopo che il Pec IV (Pacto de Estabilidade e Crescimento) non ha avuto l’appoggio parlamentare. I partiti di destra votarono contro perché non abbastanza incisivo, mentre il Partido Comunista Português (Pcp) e il Bloco de Esquerda (Be) perché lo giudicarono troppo penalizzante nei confronti degli strati deboli della società: chi aveva ragione allora, Socrates, la destra o i partiti di sinistra?

Il Pec IV prevedeva numerosi tagli allo stato sociale. Tuttavia, penso che pragmaticamentesarebbe stato meglio che il parlamento l’avesse approvato. La troika è stata la peggiore delle soluzioni, perché ha aperto la strada a un governo di destra che, proprio grazie alla troika, ha potuto fare ciò che da sempre desiderava, ma che in condizioni normali non avrebbe mai potuto fare: nessuno gli avrebbe dato i voti per farlo. Sarebbe stato meglio che tre anni fa la troika non fosse entrata, perché all’epoca qualche disponibilità concreta da parte dell’Europa c’era, ma le forze di centrodestra hanno fatto di tutto affinché altre strade divenissero impraticabili, e di fatto c’è stata una mancanza di pragmatismo da parte del Pcp e del Be.

Come se ne esce, visto che ogni soluzione sembra implicare una qualche catastrofe?

Non ci sono soluzioni facili e io sinceramente non ho nessun asso nella manica. Il punto fondamentale è che occorre affrontare l’Europa dominata dalla destra di Barroso e tradotta nei trattati che via via i governi hanno firmato: è necessario combattere lo status quo. Io continuo a essere un europeista convinto, ma l’Europa che difendo non è quella che abbiamo.

Quello che descrivi è uno scenario sostanzialmente postdemocratico…

La realtà è quella di un’Europa nella quale le democrazie si sono arrese, si sono legate da sole le mani creando strumenti che hanno limitato il loro stesso potere.

Alcuni ritengono che l’impasse possa essere superato solamente con l’uscita dall’Euro. Lei come la pensa?

Gli unici che sono più o meno esplicitamente favorevoli all’uscita dall’euro sono i comunisti, il bloco in grande parte è contrario e il Ps è decisamente contrario. Il problema però non è essere pro o contro, il problema è che se dovessimo decidere di affrontare l’Europa questo percorso potrebbe portare a una uscita dall’euro, ma l’uscita dalla moneta unica dovrebbe comunque rappresentare un punto di arrivo e non può essere, come sostiene il Pcp, un punto di partenza.

Le sinistre, secondo i sondaggi, sono oggi maggioritarie in Portogallo, quindi ci sarebbe a livello teorico un buon margine per affrontare l’Europa

Io penso che effettivamente, se si vuole che qualche cosa cambi, un accordo tra le sinistre sia l’unica strada convincentemente percorribile, ma per fare questo il partito socialista dovrebbe cambiare molto, impegnandosi ad aprire un dialogo non solo con i partiti alla sua sinistra, ma anche con tutti quei paesi che si trovano in una situazione analoga alla nostra… non si tratta di proteggere i poveri popoli dell’Europa del sud ma di proporre un’altra visione di Europa, un’Europa che difenda la democrazia…

Ritorniamo quindi alla questione della post-democrazia…

Oggi i governi europei fanno l’esatto contrario di ciò che hanno promesso ai loro elettori, cose per cui non hanno un esplicito mandato politico. Ma in realtà la fiducia degli elettori conta poco, quello che sembra contare davvero al nostro presidente della Repubblica Aníbal Cavaco Silva, e al governo di Pedro Passos Coelho, è la fiducia dei mercati, perché quella dei cittadini sembra essere una cosa secondaria o addirittura terziaria. C’è un problema di democrazia, di stato sociale, e l’Europa non sta andando nella giusta direzione anzi, con queste politiche sta scoprendo il fianco al populismo di destra…

Ci sono quindi delle concrete possibilità che le sinistre si possano unire intorno ad un progetto condiviso?

Il dibattito qui in Portogallo è caratterizzato da un certo campanilismo, ogni partito è molto concentrato su se stesso così, pur ritenendo il cammino di una unione a sinistra come la migliore delle soluzioni sono tuttavia abbastanza scettico e ritengo estremamente improbabile che ciò possa accadere.

I sondaggi indicano che con tutta probabilità il Ps non riuscirà ad ottenere alle elezioni politiche del prossimo anno una maggioranza assoluta dei seggi, senza un accordo a sinistra questo significa solo una cosa: grande coalizione?

È vero, probabilmente il Ps vincerà le prossime elezioni ma non riuscirà ad ottenere una maggioranza assoluta, dovrà quindi allearsi con qualcuno e su questo punto la percezione diffusa è che il Ps si alleerà a destra. La sinistra dovrebbe cercare quindi di evitare che questo accada obbligando il Ps ad un confronto. Fare in modo cioè che sia il Ps a dovere decidere se rifiutare oppure no una alleanza a sinistra e non viceversa.

Gli indignati sembrano oggi essere scomparsi eppure appena tre anni fa sembrava che proprio da quel tipo di manifestazioni potesse nascere una nuova forma di fare politica…

La manifestazione contro l’aumento dei contributi previdenziali del settembre del 2012 è stata al contempo il momento più alto, un momento di svolta e l’inizio del declino. È stato proprio a partire da quella manifestazione che il partito socialista ha cominciato a fare un’opposizione un po’ più dura, ma di fatto questo tipo di movimenti hanno perso di slancio, questo perché, dal mio punto di vista, da un lato non sono riusciti a costruire alleanze tra loro, i sindacati e i partiti, e dall’altro non hanno voluto porsi la questione della soggettività politica e quindi quella della candidatura alle prossime elezioni politiche.

L’astensione è sempre più alta, così come la fiducia nei confronti delle istituzioni democratiche è sempre più bassa, come mai allora il sistema partitico è stabile? Ci sono degli spazi perché possano emergere partiti populisti sulla falsa riga del Front National o del MoVimento 5 Stelle?

Certamente ci sarebbe un ampio spazio per una formazione simile a quella di Grillo e di fatto alle scorse elezioni amministrative liste di dissidenti hanno raccolto il 7-8% dei consensi e hanno vinto in 13 città. È tuttavia difficile spiegare e capire la situazione paradossale che sta vivendo oggi il Portogallo, occorre anche tenere in considerazione che molti dei nuovi partiti a sinistra, come in Francia o Grecia, le nuove formazioni nascono da una riformulazione di partiti già esistenti. Qui, a livello nazionale, scissioni ancora non ce ne sono ancora state, se ciò accadesse un riallineamento sarebbe molto più probabile.

Il paradosso è che la destra sembra oggi godere di buona salute… insomma non al punto da vincere le elezioni, ma pare non sarà sommersa dai dissensi…

La destra ha evitato un secondo piano di salvataggio e questo è più che sufficiente al Psd e al Cds per evitare di fare la fine del Psok. Tuttavia il punto non è se la destra perderà le prossime elezioni ma è come le perderà. Se, rispetto alle europee del 2004, periodo in cui era primo ministro Durão Barroso, si manterrà al di sopra dei voti ottenuti allora si potrà dire che la sconfitta non è stata poi così drammatica.

… insomma dire che il Portogallo avrebbe fatto la fine della Grecia non è stata una buona strategia per le sinistre che, adesso, sembrano in difficoltà?

Sì, è stata una strategia fallimentare, ora il governo ha da vendere ai suoi elettori il fatto che ci sarà un’uscita pulita, o all’Irlandese, dal programma di salvataggio, cioè non solo non c’è stato un secondo prestito come non ci sarà neppure un piano cautelare… si diceva ci sarebbe stato un secondo piano di salvataggio, ma non c’è stato, dicevano che ci sarebbe stata una spirale recessiva e che tutto sarebbe crollato, ma in realtà il paese ora è stabile.

Dietro tutto questo c’è l’Europa assetata di risultati positivi…

È ovvio che dietro a questi risultati c’è l’Europa che ha bisogno di un caso di successo, ma questo conta poco, perché da un punto di vista politico la destra ha successi da mostrare e quindi non sarà punita come è stato punito il Pasok. Un successo a cui ha contribuito molto anche il Ps che in questi anni non ha dimostrato di essere un partito veramente alternativo.