L’85% dei comuni italiani, vale a dire 6.875 su 8.101, conta meno di 10.000 abitanti. Di questi, 5.638 sono i paesi che non arrivano alle 5.000 persone, e 3.546 non oltrepassano i 2.000 abitanti. Numeri che non sono solo dati ma racchiudono tasselli di piccoli e grandi immaginari, di biografie note o sconosciute, storie reali e finzionali o ibridate, tra racconto orale, letteratura, musica, cinema, in una lunga linea temporale, in una geografia espansa e senza centro, frammentaria. L’Italia non solo diventa sempre più anziana, ma i suoi fantasmi non si aggirano da nessuna parte, piuttosto restano immobili, spesso abbandonati, dimenticati. È un Paese di paesi il nostro, e molti di questi sono caratterizzati da svuotamenti popolativi in corso o compiuti, sono tracce di assenze crescenti. Un mutamento avviatosi gradualmente dalla fine dell’Ottocento, un passaggio radicale da «una condizione di miseria a una condizione di desolazione. Tu arrivi in un paese e trovi sostanzialmente un museo delle porte chiuse. I pochi che sono rimasti vivono, spesso, in periferia. È come se questi paesi avessero il «bucoc al centro». Franco Arminio, poeta «paesologo», come fosse su un set guidato da Almodóvar e Herzog, siede su un divano rosso tra i Calanchi di Aliano, provincia di Matera. È qui, dentro questo paesaggio, tra queste montagne d’argilla bianca, che dirige il Festival di Paesologia «La Luna e i Calanchi», nel luogo dell’esilio forzato di Carlo Levi, determinante per il suo Cristo si è fermato a Eboli.

PROTAGONISTA, Arminio, insieme ad altre voci, del documentario diretto da Nicola Ragone Vado Verso Dove Vengo (titolo che omaggia l’artista Nato Frascà). Un film – presentato in anteprima mondiale allo scorso Bif&st di Bari e co-prodotto da Youth Europe Service Fondazione Matera-Basilicata 2019 e Lucana Film Commission – che rientra tra i progetti di Matera Capitale Europea della cultura 2019 «Storylines – The Lucanian Ways». Un viaggio, quello della camera di Ragone (che ha condiviso la scrittura del doc con Luigi Vitelli insieme alla consulenza letteraria di Vito Teti e alla collaborazione di Serena Betti), tra le luci e le ombre, le parole e gli spazi, le testimonianze e le vite tra Basilicata, Inghilterra, Svezia e Stati Uniti.
A raccontare e a raccontarsi, oltre all’antropologo Teti e ad Arminio, ci sono un grande poeta e performer come John Giorno; l’ex maestro elementare Antonio La Cava che col suo «bibliomotocarro» porta i libri e con essi «il mondo», ai bambini dei posti più sperduti di Lucania; l’operatrice turistica Antonella Amico che consente alle persone di viaggiare nell’area e nell’aria tra Castelmezzano e Pietrapertosa, nel Potentino; la traduttrice e autrice Claudia Durastanti; il coordinatore della «Strategia Nazionale delle aree interne» Filippo Tantillo; la sociologa rurale Rita Salvatore; la giornalista e scrittrice Helene Stapinski; l’architetto Andrea Paoletti, mente del progetto «Wonder Grottole»; il coreografo Francesco Scavetta.

È, QUELLO di Ragone (suoi sono Sonderkommando, Nastro d’argento 2015 come Miglior cortometraggio, e il documentario Urli e risvegli), un film che non intercetta nostalgie né futuri irrimediabilmente segnati; è un lavoro «documentale», da una parte, e, dall’altra, conoscitivo, sociale in senso più ampio, piuttosto che sociologico; un’opera che «guarda», sì, il contrasto, la crepa, l’ossimoro, le discontinuità, ma soprattutto ha la capacità di mettersi in ascolto e costruire così una co-narrazione, una coralità stratificata, una mappatura di memorie impossibili o parziali, di sradicamenti e neoidentità, di nuove forme di vita. Storie di partenze e ritorni nell’Italia dei margini è il sottotitolo, perché in questo Paese però non solo c’è chi va via ma ci sono anche i «ritornanti», e quelli, ancora, che invece scelgono di andare lì per la prima volta, che da quei margini ricominciano. Perché Vado Verso Dove Vengo è uno sguardo dall’oltre. Ovunque esso si trovi.