Controlli capillari sul territorio. I carabinieri forestali e gli uomini della Finanza, ieri, hanno bloccato, ai piedi del Morrone, un settantatreenne di Pratola che in auto aveva un kit con candele di grandi dimensioni, diluente, vernice e colla. L’uomo, ascoltato, ha negato ogni coinvolgimento con i roghi in atto e ha spiegato che quello era materiale di cui avrebbe dovuto disfarsi. È stato rilasciato, ma l’attenzione delle forze dell’ordine, resta alta. E la Procura di Sulmona (L’Aquila) è al lavoro.

Sono otto i fascicoli aperti sui roghi che stanno devastando la Valle Peligna e la Valle Subequana. «L’ultimo – spiega il procuratore capo Giuseppe Bellelli – riguarda l’incendio di Secinaro». Dove il fuoco ha aggredito e divorato in poche ore una pineta ai piedi del Monte Sirente proprio a ridosso del paese, tanto che per un po’ si è pensato di evacuarlo. Il procuratore ha effettuato diversi sopralluoghi sui monti flagellati dalle fiamme.

«Un chiaro disegno criminoso, di grande portata -, afferma -. Stiamo raccogliendo gli elementi. Si tratta di episodi collegati tra loro e ben poco casuali. Le modalità di azione sono simili. Dietro le fiamme si nasconde un immane rancore o si celano interessi». Di che tipo? «Al momento non lo sappiamo». Ad agire di sicuro esperti, che conoscono i luoghi e in grado di raggiungere anche gli angoli più scoscesi e impraticabili della montagna. Questo un primo identikit di chi ha disseminato la montagna di inneschi e continua a dare vita ai roghi. Al momento non ci sono indagati, né sospetti.

Ma chi potrebbe guadagnare dal disastro? Da più parti si tira in ballo l’affare rimboschimento. Con migliaia di ettari di boschi falcidiati si prospetterebbe un business milionario. Mentre la montagna ancora brucia e non si capisce quando si arriverà a domare il fuoco, la Regione si è mossa su questo fronte. Il presidente Luciano D’Alfonso il 22 agosto scorso ha spedito una lettera in cui evidenzia che «compete agli amministratori della cosa pubblica porre in essere azioni capaci di rimarginare le ferite inferte al territorio… Occorre quindi programmare specifici interventi di ripiantumazione o rimboschimento, a medio e lungo termine, tali da restituire alle nostre montagne il loro bene più prezioso, ossia il bosco ed il naturale ecosistema che solo esso è in grado di fare crescere». Con riferimento soprattutto a «quelle aree che hanno particolare valore ambientale, come le riserve ed i parchi nazionali».