Di fronte al colossale scempio di cui è stato capace il governo Bolsonaro in materia ambientale, quello di domenica doveva essere, anche, un voto a favore dell’Amazzonia e degli altri ecosistemi del paese. Ma non è stato così.

Dei nove stati che compongono la cosiddetta Amazzonia legale, i candidati di destra ne hanno conquistati già quattro (Acre, Mato Grosso, Roraima e Tocantins), ma almeno un altro è in mani bolsonariste: in Rondônia – dove, grazie alla crescita degli allevamenti bovini, si è registrato il maggiore tasso di deforestazione degli ultimi 10 anni – i due candidati giunti al ballottaggio, l’attuale governatore Marcos Rocha (União Brasil) e Marcos Rogério (Pl), appoggiano entrambi il presidente, sulla base di un programma tutto centrato sull’agribusiness.

E se sotto il governo Rocha, solo negli ultimi otto mesi, sono stati distrutti dal fuoco 46 milioni e mezzo di alberi, Marcos Rogério non è sicuramente da meno: noto come “pitbull di Bolsonaro” e convinto che i movimenti sociali siano «guerriglie che sequestrano, torturano e uccidono», ha già annunciato che trasformerà le foreste in una «potente fonte di reddito».

SI VA AL BALLOTTAGGIO anche in Amazonas e anche qui senza alcuna prospettiva di cambiamento. In uno stato in cui la deforestazione e gli incendi non hanno smesso di crescere dal 2019, l’attuale governatore, il bolsonarista Wilson Lima, promette di rafforzare l’agribusiness e di facilitare le autorizzazioni ambientali e ha già espresso il suo appoggio allo sfruttamento di oro nel rio Madeira e di silvinite (la più importante fonte per la produzione di cloruro di potassio) in Amazzonia.

Appena un po’ meglio è il suo rivale Eduardo Braga, già ministro delle Miniere e dell’Energia nel governo assai poco ambientalista di Dilma Rousseff: anche lui, in ogni caso, si è dichiarato a favore dello sfruttamento di silvinite, omettendo il fatto che il giacimento si trovi all’interno dell’area indigena Soares/Urucurituba del popolo Mura, che ne rivendica la demarcazione dal 2003.

E SE, OVUNQUE ABBIANO VINTO i candidati sostenuti da Bolsonaro, la situazione si annuncia drammatica, molto gravi appaiono, in particolare, le prospettive in Mato Grosso, il secondo stato con il più alto tasso di deforestazione dopo il Pará e l’unico a ospitare, oltre alla foresta amazzonica, gli altrettanto devastati ecosistemi del Cerrado e del Pantanal: qui, in uno stato che peraltro aspira a uscire dall’Amazzonia legale, il governatore rieletto con l’appoggio di Bolsonaro, Mauro Mendes (União Brasil), si è distinto per gli attacchi ai popoli originari e all’ambiente e per il suo convinto sostegno all’agribusiness.

Anche laddove hanno avuto la meglio i candidati sostenuti da Lula il futuro non si annuncia roseo. Se in Amapá Clécio Luis (Solidariedade) ha proposto il rafforzamento del «programma di sviluppo del settore minerario», in Pará l’attuale governatore, riconfermato, Helder Barbalho (Mdb) ha consentito che il tasso di deforestazione arrivasse nel 2021 a oltre 5.200 km quadrati e, per quanto nel suo programma si sia impegnato a garantire «incentivi per chi protegge la foresta e collabora alla lotta contro i cambiamenti climatici», non ha esitato, in campagna elettorale, a organizzare un pranzo con impreditori addirittura favorevoli a ritirare il Brasile dalla Convenzione 169 dell’Ilo per la protezione dei popoli indigeni.

Riconfermato anche il governatore del Maranhão, e sostenitore di Lula, Carlos Brandão (Psb), che, nel programma, presenta, sì, proposte di lotta alla deforestazione, di difesa delle risorse naturali e di rimboschimento, ma che, durante il suo primo mandato, ha pressoché ignorato i conflitti per la terra.

MOLTO DEL FUTURO dell’Amazzonia, è chiaro, dipenderà da quale sarà il prossimo presidente, ma, senza il contributo dei governi statali, anche in caso di vittoria di Lula tutto diventerà più difficile. Il leader del Pt, tuttavia, promette una «lotta implacabile alla deforestazione illegale», recuperando quelle strategie che, in passato, avevano condotto a una riduzione quasi dell’80% del tasso di deforestazione. E, un’altra buona notizia, non verranno più costruite centrali idroelettriche in Amazzonia.