Che gufi quelli dell’Istat deve avere pensato Renzi. La ripresa sulla quale il Pd e i partner alfaniani e ex montiani al governo hanno basato il loro messaggio elettorale è scomparsa nel primo trimestre 2014. Secondo l’Istituto Nazionale di Statistica è calato su base congiunturale dello 0,1%, -0,5% sull’anno, mentre l’Eurozona è cresciuta in media dello 0,2%.

Eurostat sostiene che la Francia sia a zero e la schiacciasassi Germania ansima allo 0,8%. Il Pil acquisito in Italia è attualmente negativo: -0,2%. Un dato che contrasta con l’ottimistico 0,8% previsto nel Documento di Economia e Finanza che il governo ha spedito a Bruxelles dove la Commissione Ue lo sta esamindando per dare un giudizio che promette altri dolori.

Presentando il Def, Palazzo Chigi aveva detto di essere stato «prudente». Invece ha sbagliato ogni previsione. Il paese è in stagnazione, ma chi lo governa non mostra di essersene accorto. In valori assoluti, scrive l’Istat, il Pil è arretrato di 14 anni. Il valore concatenato nel primo trimestre del 2014 è pari a 340.591 miliardi di euro. Per trovare un valore inferiore cioè 338.362 miliardi, bisogna tornato ad inizio millennio, quando l’euro stava per fare la sua sfortunata entrata in scena.

Senza contare che, a quel tempo, l’economia era in crescita, mentre oggi siamo in uno scenario recessivo. Il calo congiunturale nel primo trimestre è stato causato da un incremento del valore aggiunto dell’agricoltura, dalla stagnazione dei servizi e dal profondo rosso dell’industria. Il paese non produce, non consuma, ed è il fanalino di coda nell’Europa della crescita anemica. Peggio hanno fatto solo l’Estonia (-1,2%), l’Olanda (-1,4%), il Portogallo (-0,7%).
Notizie che hanno affossato la borsa di Milano. Ieri piazza Affari, che di questi tempi gode di ottima salute, è stata la peggiore in Europa: -1,2%. La bastonata a Renzi è stata uno choc. In poche ore sono stati bruciati 17,6 miliardi. Lo spread è schizzato a 184 punti base. Una giornata di vera e propria speculazione.

Tra un crollo e una ripresina, il centro studi Nomisma prevede che il Pil si attesterà allo 0,2%-0,3%. Così sarà difficile raggiungere la crescita dell’1,3% prevista nel Def per il 2015. Dal ministero dell’Economia hanno provato a gettare acqua sul fuoco. Il rallentamento di una crescita non esaltante è comune alla maggior parte dei paesi dell’Eurozona.

Immancabile arriva la spiegazione filo-austerità: se la Germania va bene, dicono in via XX settembre, è perchè ha fatto «le riforme mettendo i conti in ordine». Conti che non tornano già oggi in Italia visto che il governo ha chiesto il rinvio del pareggio di bilancio al 2016 e aspetta con trepidazione il responso della Commissione Ue per il 2 giugno. Se le previsioni di crescita raso zero verranno rilevate da Bruxelles, che prevede un Pil allo 0,6%, è possibile che arrivi una procedura d’infrazione che complicherà la vita al governo, imponendogli nuove “riforme strutturali”: privatizzazioni, tagli alla spesa sociale, ulteriore precarizzazione di precari e disoccupati.

Messo all’angolo il Mef si affida agli 80 euro in busta paga promessi da Renzi con il taglio dell’Irpef. Una manna da cui ci si aspetta un effetto positivo. Curiosa aspettativa, visto che già il Def aveva previsto i primi effetti solo nel 2017, mentre l’Istat è stata leggermente più possibilista prevedendo «un effetto minimo positivo» sui consumi nel caso di una misura strutturale. Troppe nuvole nere all’orizzonte. Qualcuno ha pensato allora di buttare la palla in tribuna e rimandare ogni discussione al semestre italiano alla guida dell’Ue. Allora, hanno detto dal Mef, ci sarà la svolta su crescita e occupazione. Anche i cristiani delle origini credevano che il nuovo avvento del Messia fosse prossimo, a portata di mano.

Nella cabina di regia a Palazzo Chigi è scattato l’allarme rosso. «Siamo in una fase di transizione con una ripresa lenta» ha detto il ministro del lavoro Poletti. Il ministro ha attribuito la colpa «ai vizi del Paese che sono piombo sulle ali della ripresa». Quali siano questi vizi non è ancora chiaro: quelli di chi non spende ciò che non ha? Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Graziano Del Rio ribadisce che il dato del Pil «non è sorprendente» e per questo il governo ha voluto fare «scelte grandi e radicali». Tipo quella degli 80 euro in busta paga.

Affaticata la reazione del ministro dell’Economia Padoan che in un tweet d’ordinanza ha scritto: «Pil speculazione spread… Teniamo alta la guardia: testa alla crescita, occhi sui conti, cuore all’occupazione». A testa bassa, il governo osserva il volo dei gufi.