«Ci sono segnali che ci dicono che dobbiamo fare tutto il necessario per riuscire ad arrivare a limitare le emissioni delle CO2 e serve coraggio e visione, non solo sul presente, ma per le prossime generazioni. Spesso le grandi opere sul momento non vengono apprezzate, ma dopo un secolo se ne capisce l’importanza».

CON QUESTE PAROLE lo scorso ottobre il presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio concludeva il suo intervento al convegno organizzato da Telt a Novara, difendendo a spada tratta il progetto della Tav. Eppure, è tutto un altro scenario quello che si apre per il territorio piemontese, dove si conta il maggior numero di linee sospese o dimesse di tutta Italia. Tra queste, quindici sono passabili di riattivazione perché lasciate in un limbo giuridico che ha permesso di mantenere l’integrità delle infrastrutture di base. Un limbo lungo un decennio, che la giunta Cirio sembra determinata a risolvere con lo smantellamento di oltre 500 km di sedime ferroviario. Le soluzioni sul tavolo? Ciclabili, magari qualche bus a idrogeno – se si trova lo spazio. Il discorso semplicistico della Regione è ampiamente accolto dai cittadini, frustrati da decenni di mala gestione. In alcune aree, infatti, il problema era la mancanza di servizi regolari e affidabili. In altre, disturbava l’attesa al passaggio a livello. In trent’anni il trasporto pubblico è crollato davanti all’accessibilità economica del mezzo privato.

«LA MOBILITA’ SOSTENIBILE GIOCA un ruolo centrale nella lotta ai cambiamenti climatici e la nostra regione ha l’opportunità di compiere un grande passo in questa direzione attraverso la riattivazione delle numerose linee ferroviarie sospese. Ma l’amministrazione regionale sembra poco interessata», denunciano le associazioni di pendolari e ambientaliste unite nella campagna Futuro Sospeso, che cerca di fare luce sulle contraddizioni dei piani per la mobilità sostenibile del Piemonte. Cancellare la mobilità su rotaia nelle zone colpite dalla sospensione significherà non poterle più ricostruire in futuro, contribuendo alla marginalizzazione della provincia. Come stiamo assistendo nel caso della Tav, l’abbattimento del trasporto ferroviario regionale fa da contraltare alla promozione dell’alta velocità come strategia ecologista. Per rimodulare le parole di Cirio: ci sono infrastrutture di serie A e di serie B. Dipende dalla bilancia dei costi-benefici.

SECONDO I DATI ISTAT in Piemonte circolano 3 milioni di automobili, su una popolazione totale di 4 milioni e 350 mila: l’equivalente di sei persone su dieci. Sulle tratte coperte un tempo dalle ferrovie circolano inoltre numerosi autobus e camion che superano, in diversi casi, i cento passaggi al giorno su tratti di 15 km: il problema, ignorato dalle autorità, è che in termini di emissioni climalteranti e particolato atmosferico i mezzi gommati superano il trasporto su rotaia 5 a 1.

LA SPONSORIZZAZIONE DI NUOVE PISTE ciclabili smantellando le ferrovie è la narrazione che più preoccupa le associazioni del territorio. L’assessorato ai trasporti piemontese con queste decisioni starebbe «pesando sulla stessa bilancia due servizi completamente diversi: questo è fare greenwashing», scrive Fridays For Future Torino sui suoi canali social. «Un conto è creare nuovi spazi ludici. Un conto è distruggere un mezzo necessario per la vita di tutti i giorni, che sia andare al lavoro o a scuola. Un mezzo che non potremo permetterci mai più, una volta smantellato, di rimettere in piedi», puntualizza il circolo di Legambiente Val Pellice.

È INFATTI L’ENNESIMO STUDIO di fattibilità per una ciclabile o linea per bus a idrogeno sulla linea Pinerolo-Torre Pellice a riaccendere il dibattito. Lo studio parte con il presupposto che la linea ferroviaria non sia un’opzione. Qualora lo smantellamento venisse approvato, si creerà un pericoloso precedente. La riattivazione di questa e altre linee sospese era infatti stata promossa dal bando per i trasporti sotto la giunta Chiamparino. Con il cambio di consegne nel 2019 il progetto viene subito bloccato per «ulteriori verifiche». Da allora è iniziata una vera e propria campagna mediatica contro le linee sospese.

DISTRUGGERE LE INFRASTRUTTURE del Piemonte è «un attacco alla democrazia» scrive Legambiente in una lettera aperta ai cittadini. L’invito è a riflettere sui rischi della volatilità dei progetti con un orizzonte più lungo del mandato politico, ma anche a non farsi illudere dalle soluzioni facili e apparentemente più economiche per «le nostre tasche». Lo studio qui citato prevede infatti di utilizzare 25 milioni di euro del Recovery Fund. Un progetto che inserirà un autobus a idrogeno al posto del treno, e allargherà il sedime ferroviario per avere una corsia dedicata alle biciclette.

«IN PRATICA – PUNTUALIZZA IL COMIS in una nota (Coordinamento per la Mobilità Integrata e Sostenibile) – «un treno su gomma che viaggia a 70 km/h, a cui manca (o è stato omesso dalle valutazioni fiscali) il sistema di sicurezza e che dovrà fare spazio, senza escludere espropri, alla pista ciclabile».