Il Cavaliere traballa ogni giorno di più. Nel listino della destra prende quota il suo ex ministro degli Esteri, Franco Frattini. Ma il vento del caos gonfia soprattutto le vele di Mario Draghi. Ieri il premier è passato da un palazzo all’altro. Prima ha incontrato Mattarella, poi un’ora di colloquio con il presidente della Camera Fico, infine un faccia a faccia con la guardasigilli Marta Cartabia. Per una volta da dietro le porte chiuse non è filtrato niente. Ma è difficile credere che nella girandola di incontri non si sia toccato il capitolo Quirinale e la ministra della Giustizia, in fondo, è in pole position per ereditare la guida del governo ove Draghi lasciasse le redini.

LE GRANDI MANOVRE sono in corso ma costrette a segnare il passo dall’incognita Berlusconi. «È triste», informa Vittorio Sgarbi improvvisatosi telefonista e pescatore di voti. Ma la pesca è scarsa, i voti non arrivano, comunque non a sufficienza. «Credo che stia pensando a una via d’uscita onorevole, forse Mattarella», prosegue il critico. Dal quartier generale azzurro fioccano smentite. «Sgarbi non è il portavoce di Berlusconi», chiarisce il portavoce ufficiale Tajani. Poi, al telefono con i soliti parlamentari inquieti, provvede a fare il punto lo stesso Silvio: «Non ho ancora deciso ma sono molto ottimista». Non sarebbe la prima volta che il fondatore della moderna destra italiana è l’unico a mantenere intatto l’ottimismo e i fatti gli danno poi ragione. Ma stavolta è molto più dura del solito. I convincibili non si convincono. L’elezione del Cavaliere sarebbe il colpo di grazia per la legislatura e dunque, per loro, una scelta suicida.

GIORGIA MELONI ASSICURA che i 64 voti di FdI sono tutti blindati e garantiti. Per Berlusconi se sarà lui il prescelto ma anche per eventuali altri candidati. Perché comunque la destra ha «il diritto e il dovere di avanzare una proposta» e figurarsi se anche lei non ha in mente qualche idea brillante per il famigerato «Piano B». Il problema è che i leader hanno certamente le loro ipotesi di riserva in testa: peccato che siano tutte una diversa dall’altra e per verificare la possibilità di conciliarle bisogna aspettare che Berlusconi l’esitante decida. Quando? Chi lo sa. Qualcosa in più, aggiunge sorella Giorgia, si capirà giovedì nel nuovo vertice del centrodestra. Qualcosa, non tutto. Il rischio che il tormentone prosegua fino almeno a lunedì c’è tutto.

Ma la confusione spinge soprattutto Draghi, per il semplice motivo che è il solo candidato in grado di tenere insieme la maggioranza ed evitare elezioni immediate che solo Meloni vuole. I nomi che circolano in questi giorni dovrebbero infatti mettere d’accordo prima tutta la destra e poi essere accolti anche dalla controparte, dove la confusione è se possibile ancora maggiore. Nell’oscillante borsino dei possibili papabili ieri galoppavano le azioni di Frattini, da pochissimo presidente del Consiglio di Stato, gradito a Salvini che starebbe meditando di puntare su di lui una volta sgombrato il campo dal Cavaliere, e meno sgradito di molti altri a sinistra.

TRA LE TANTE IPOTESI che diluviano è meno irrealistica di quasi tutte le altre ma non significa che possa già vantare qualche concretezza. Si sa che Berlusconi è deciso a impedire l’accesso al Colle a qualsiasi esponente della destra che non sia lui. Per Letta accettare un candidato nettamente espresso dalla destra sarebbe comunque difficile. Il nome dell’ex ministro, come quello del sornione Casini, non sono pure fantasie ma l’ipotesi più forte, una volta disarcionato il Cavaliere, è quella di Draghi. Meloni frena senza sbarrare le porte: «Se significa un altro governo e una legge proporzionale per avere l’inciucio a vita, allora no». Il problema è che per lei la situazione, con un presidente della Repubblica diverso da Draghi e la permanenza di questo governo per un anno, sarebbe non meno ma più pericolosa e, lontano da telecamere e microfoni, se ne rende perfettamente conto.

MOLTO DIPENDERÀ da come Berlusconi gestirà la vicenda. La resa alla vigilia oppure la sconfitta campale sono scenari completamente diversi: solo nel primo caso il signore d’Arcore giocherebbe un ruolo determinante nell’evolversi della situazione. Se passasse la mano indicando Mattarella riaprirebbe tutti i giochi: per Salvini sarebbe difficile sottrarsi e a un appello corale non si sottrarrebbe il presidente. Se invece optasse per Draghi quei giochi li chiuderebbe immediatamente. Non ci sarebbe più partita.

Errata Corrige

Il pallottoliere di Berlusconi langue e il caos del toto Quirinale gonfia le vele di Draghi. Il premier va da Mattarella e poi incontra il presidente della camera Fico. Faccia a faccia anche con Marta Cartabia, in pole per l’eventuale successione a palazzo Chigi