C’è gran fermento nel mondo della black music. Tra la primavera e l’estate arrivano diversi dischi di molti artisti che dribblano con certezza le insicurezze del momento. A iniziare da We Are, che è l’ottavo disco di Jon Batiste, pianista, cantante, chitarrista, personaggio noto anche e soprattutto per essere il direttore musicale e leader della resident band che colora con note sempre appassionanti il Late Show di Stephen Colbert che va in onda sulla Cbs. Batiste si è appena aggiudicato un Golden Globe per la colonna sonora di Soul, ultima creatura in casa Pixar. Ricordate quel piano solo che volava profondo negli abissi del jazz? Era lui a suonarlo, e ora riprende un po’ quel percorso, soprattutto in Moviment 11, inframezzo pianistico sospeso tra rag time e Monk. In realtà il disco nasce quasi un anno fa, quando compose la title track per accompagnare le proteste di Black Lives Matter e sostenere la rete internazionale degli afroamericani in tutto il mondo.

CANTA E RAPPA, suona e non si ferma mai. Dodici strumenti che padroneggia con certezza. Note di copertina a firma di Quincy Jones, colui che ha battezzato l’era moderna del prisma racchiuso dentro l’etichetta di black music. Jon Batiste canta Freedom, però nell’intro c’è la voce di Mavis Staples che dice la sua sul concetto di libertà. Del contingente femminile che popola questo lavoro fa parte anche Zadie Smith che contribuisce alla realizzazione di Show me the way. Nato in un piccolo paese della Lousiana trentacinque anni fa, Jon Batiste non è trasgressivo, non è cattivo, non usa parrucche, abiti eccessivi. Ma è sobrio ed elegante, piace molto e non ha bisogno di creare altre personalità.

SI METTE A NUDO proprio in questo disco, elaborando una particolare rivisitazione del funky più moderno grazie anche al contributo di Trombone Shorty, e attraversando l’hip hop e il soul più intimo.«Ho iniziato a fare musica perché era l’unica cosa che mi facesse sentire libero» ha raccontato tempo fa. «Adesso, più di prima, non ho alcun desiderio di essere catalogato come pianista jazz e neanche come rapper o cantante soul. Sono un musicista, mi piace indagare le tradizioni della mia gente, mi interessa più scoprire le tematiche care ai nostri che inventare nuove rotte». Intanto, per non farsi mancare niente, ha organizzato live estemporanei nei presidi medici dove gli americani andavano a vaccinarsi. Pianoforte e voce, molto jazz ma non proviamo a dirglielo che si potrebbe offendere.