Una dura requisitoria lunga un giorno che ripercorre il già noto, e poi il pg Mura, in dirittura finale, ha riservato anche una piccola sorpresa suggerendo ai giudici della Cassazione di ridurre l’interdizione ai pubblici uffici per il corruttore Silvio Berlusconi: da 5 a 3 anni. «Occorre ridurre questa sanzione accessoria ai termini di legge». Curiosa richiesta di sconto, a poche ora dalla sentenza più attesa della storia degli ultimi 19 anni, la sua storia. Abbiamo aspettato venti anni, ci toccherà aspettare altre ventiquattro ore. Forse davanti. Prima dello «sconto» al Cavaliere, è stato un duro lavoro mantenere alta la tensione sul processo Mediaset il giorno prima della madre di tutte le sentenze e per l’agonizzante sistema politico italiano.

La sezione Feriale della Suprema Corte ha cominciato ieri mattina a discutere il ricorso presentato dai legali dell’ex Premier condannato a quattro anni di reclusione ed a cinque di interdizione dai pubblici uffici per frode fiscale (7 milioni di euro tra il 2002 e il 2003), ma la decisione tanto attesa verrà presa solo stasera, al più tardi domani. Gli avvocati della difesa, infatti, non hanno presentato alcuna richiesta di rinvio dell’udienza che è cominciata al mattino con le parole del procuratore generale della Cassazione, Antonio Mura: «È un processo carico di aspettative e che suscita passioni ed emozioni esterne che sono manifestazione del libero dibattito e della vita democratica, ma aspettative e passioni devono rimanere confinate fuori dell’Aula giudiziaria».

Facile dirlo, perché non poteva dire diversamente. Fuori, di fronte al Palazzaccio, nonostante quella di ieri fosse solo una giornata interlocutoria, fin dal mattino si è piazzato un plotone di telecamere per scrutare il colonnato in attesa di un’indiscrezione, di una battuta rivelatrice o di un alterco tra «opposte tifoserie». Passioni poche, qualche cartello di protesta e pochi fans, anche se piazza Cavour è stata trasformata in uno studio televisivo all’aperto con inviati da tutto il mondo. Contemporaneamente, dentro un altro palazzo – a Milano, in piazza Affari – la Borsa in tutta tranquillità ha emesso invece un verdetto positivo per tutti i titoli dell’impero berlusconiano (+ 3,5% Mediaset, + 2% Mediolanum, + 4,2% Mondadori). Solo una combinazione? Eppure, forse suggestionati dal «dio mercato», molti osservatori hanno cominciato ad annusare una certa aria di assoluzione. Anche il professor Franco Coppi, difensore dell’ex presidente del Consiglio, pur senza entrare nel merito dei pronostici, è sembrato piuttosto fiducioso, e anche spiritoso. Lui, con una certa baldanza, si aspetta un’assoluzione piena. «Vado in giro con le corna, sono superstizioso e non faccio previsioni. Ma è chiaro che puntiamo all’annullamento della condanna a Silvio Berlusconi».

Al procuratore Antonio Mura, per tutto il pomeriggio, è toccato invece spiegare ai cinque giudici della «sezione feriale» della Cassazione (quella che durante le vacanze rimane al lavoro per sbrigare le cause urgenti che rischiano la prescrizione) perché Silvio Berlusconi deve essere condannato. Le sue argomentazioni sono state lunghe e puntigliose. Mura nella requisitoria ha respinto le eccezioni di tipo procedurale e gli argomenti di tipo sostanziale avanzati dai legali di Berlusconi. Il procuratore si è detto sicuro di poter «senz’altro affermare che dall’osservazione delle modalità di svolgimento di questo processo le regole di legge sono state rispettate e non c’è contrasto con i principi del giusto processo». La pubblica accusa ha anche definito «tecnicamente infondate» le motivazioni addotte da Berlusconi a proposito del legittimo impedimento, quando Ghedini & soci facevano di tutto per cercare di rallentare l’iter del processo Mediaset. Per Antonio Mura non rientravano nel legittimo impedimento gli impegni elettorali e tantomeno la famosa uveite, l’infezione agli occhi che spinse Berlusconi a tentare la carta del ricovero all’ospedale San Raffaele per rimandare udienze già calendarizzate dal tribunale di Milano.

Il procuratore è entrato anche nel merito dell’accusa che potrebbe tagliare le gambe alla carriera politica del capo del Pdl. Secondo Antonio Mura, le false fatturazioni emerse nel processo Mediaset rilevano «una continuità del sistema» che aveva due obiettivi precisi, «gonfiare i costi per i benefici fiscali e produrre pagamenti per la costituzione all’estero di ingenti capitali». La conclusione della requisitoria è arrivata verso sera, in un crescendo di accuse che ha già incastrato Sua Emittenza nelle due sentenze precedenti. In questa vicenda, ha detto Mura, «sono presenti tutti gli elementi costitutivi nella fattispecie di frode fiscale ascritta agli imputati». Infine, Berlusconi non solo non poteva non sapere, o essere a sua volta vittima di un sistema, ma «è stato l’ideatore di questo meccanismo».