«Finalmente saranno superati i campi rom con un piano che consente di riportare Roma in Europa. Iniziamo con La Barbuta e Monachina», aveva dichiarato a maggio la sindaca Raggi. Giovedì 12 ottobre sono state aperte le buste del bando di gara «per l’affidamento del Progetto di inclusione sociale per le persone rom, sinti e caminanti» e si è scoperto che non sarà così facile. Infatti, la gara da 698mila euro per Monachina (30 famiglie in un’area di sosta sulla via Aurelia) è andata deserta quindi il campo resterà dov’è; mentre per la Barbuta (1 milione e 570mila euro) si è presentata solo la Croce Rossa che notoriamente lavora nell’emergenza e che dovrà gestire la fuoriuscita di 650 persone, 100 nuclei, entro dicembre 2020.

Scorrendo il piano Rom da 3,8 milioni di euro (la maggioranza dei quali riservata al contributo per l’affitto fino a 800 euro al mese che il comune pagherà alle famiglie rom per un massimo di due anni) della Giunta 5 Stelle di Roma e redatto dalla “super-consulente” che guadagna 2.500 euro al mese, si scopre che tra le «azioni per l’inclusione lavorativa», ci sono anche la messa a disposizione di «monitoring and personal coaches» che dovranno «fornire il supporto adeguato in termini di strumenti e competenze per le prime fasi di avvio delle iniziative imprenditoriali aiutando gli ideatori a fare le scelte giuste in ordine ai processi lavorativi e strategici».

La figura del personal coach nasce negli Stati Uniti dove negli anni Settanta Timothy Gallwey, educatore e tennista, sviluppò la metodologia del coaching applicandola allo sport, alla vita privata e al business. Nei rampanti anni ’90 il coach affianca il manager dell’impresa per migliorare le sue capacità.

Immaginiamo dunque i “coach” a La Barbuta, un campo tipico dell’urbanistica del disprezzo con prefabbricati posizionati in una landa schifosa ma vincolata dal piano paesistico della Regione Lazio. Immaginiamo il senso di umiliazione, la disoccupazione, l’abbandono dei suoi abitanti segregati per decenni in un posto inadatto a un insediamento umano per via dell’aria insalubre e il forte inquinamento acustico perché a ridosso dell’aeroporto di Ciampino dove atterrano duecento aerei al giorno.

Ecco, pensando in quel contesto ai corsi di «talent management» (gestione del talento), ai «personal development programs», alla «formazione integrata con moduli individuali incentrati sull’autovalutazione e sul miglioramento delle proprie competenze (self-assessment)» e anche sulla «promozione di momenti di scambio tra i partecipanti per potenziare le tecniche comunicative e organizzative fino a quelle strategico finanziarie» previsti dal piano, ci chiediamo se l’estensore sia mai entrata in un campo oppure non stia applicando dall’alto un modello infarcito di termini anglosassoni astratti e di quell’ideologia neopositivista che vorrebbe trasformare gli individui in imprenditori di se stessi, funzionale per qualche progetto europeo ma non per un campo rom.

Il campo infatti è un’«istituzione totale» come l’ospedale psichiatrico studiato da Erving Goffman, che ha plasmato profondamente i suoi residenti, dove non vivono individui volterriani astratti, ma soggetti istituzionalizzati trattati per decenni come devianti, criminali o malati.