Vent’anni fa usciva il primo disco di un gruppo che aveva pressoché tutte le carte in regola per spiazzare chiunque creda ai confini in musica. A cominciare dal fatto che i ragazzi non avevano in formazione chitarre elettriche, prima eresia a contraddire una certa ortodossia rock. Seconda eresia: c’era nel gruppo un sassofonista dal suono maturo e incredibilmente «classico» alla luce del grande jazz che fu (e che è). C’era un violoncello capace di ruggire come una Fender Stratocaster o di parlare sommesso, un violino, un contrabbasso. I Quintorigo. Creatura apolide ed inafferrabile. Sempre un passo più in là. Opposites è il disco con il quale la band ha festeggiato il ventennale, un anno fitto di impegni a cui si aggiunge anche la collaborazione con il soul man Mario Biondi affiancato nel singolo I wanna be free, da oggi nelle radio, e a dicembre in tour. Di Opposities abbiamo parlato con Valentino Bianchi, sassofonista e tra i fondatori della band: «È un lavoro totalmente fuori dagli schemi e uno sberleffo divertito alle logiche del mercato discografico, proprio come ci è sempre piaciuto». Tra gli ospiti anche Enrico Rava: «Enrico ci ha accompagnato lungo questo viaggio, compariva già in Rospo (1999), ed è stato assieme a pochi altri un nume tutelare, una presenza ispiratrice, perché incarna a nostro avviso il sublime, il Maestro, l’esperienza». La musica dei Quintorigo è ormai felicemente inclassificabile: dagli echi di New Orleans alla canzone art rock, dai profili melodici complessi zappiani alla sperimentazione totale.

SONO TANTE le anime della band: «L’eterogeneità delle nostre anime, del nostro background e dei nostri gusti nel tempo e nella convivenza si è sublimata in una sorta di olismo artistico e creativo: in altre parole siamo così affratellati nel progetto con le debite differenze che sono un valore aggiunto, che tendiamo ormai a pensare agire e creare come una persona sola. Abbiamo quattro cervelli in uno… o forse di quattro ne facciamo uno!.» Nel loro passato un progetto discografico dedicato a Mingus, uno a Frank Zappa, uno a Jimi Hendrix. Quale potrebbe essere il prossimo grande compositore da affrontare?: «Abbiamo sempre trovato riduttivo il termine cover. Ci piace piuttosto pensare ad un dialogo con i classici del passato, che ogni musicista del XXI secolo avrebbe il dovere morale di conoscere bene, per lo meno da Bach ad oggi. Prendere una bella pagina di Mingus o Zappa e lavorarci, farla rivivere, infonderle la nostra anima, è un esercizio oltremodo appagante, sempre col dovuto rispetto per questi giganti: le nostre tre monografie, ma anche le cover presenti in Opposites, sono filologiche anche se diversissime dagli originali, perché colgono lo spirito di chi le ha create».

OPPOSITIES è un doppio diviso in composizioni originali e cover: «Il processo creativo varia da brano a brano: a volte qualcuno porta un’idea, in altri casi il materiale nasce in sala prove. Non c’è una regola e nemmeno una prassi, c’è solo una alchimia quasi magica». Sono molti i riferimenti e non strettamente limitati alla musica, che caratterizzano la band: «Pur avendo tutti e quattro una formazione accademica e una certa padronanza del proprio strumento, ciascuno di noi ha le sue inclinazioni, i propri gusti. C’è chi è più ferrato sulla classica, chi sul jazz, chi ha un’anima punk, chi ha un orecchio più educato al pop d’autore; chi adora l’arte del ’500 chi ha una passione profonda per le avanguardie del primo Novecento, chi legge Vonnegut, chi Hobsbawn… insomma un bel minestrone e si sente! E poi sì, siamo forti lettori e fruitori di cinema».

IL MERCATO della musica vive un momento di grande difficoltà, e la musica è sempre più un consumo veloce e distratto da Internet: «Non ci siamo mai preoccupati più di tanto del mercato discografico, per noi vendere è secondario o comunque subordinato alla ricerca musicale. Quindi anche il trapasso della vecchia industria di settore lo abbiamo avvertito poco: cerchiamo però di sfruttare le nuove tecnologie e le risorse della rete per facilitare e promuovere la nostra missione».