Riflettere sul fascismo significa volgere lo sguardo al passato? Non necessariamente. Spesso equivale a guardare negli occhi un presente inquieto e un futuro ancor più preoccupante. Sono note le parole di Pier Paolo Pasolini che ancora all’inizio degli anni Sessanta leggeva il fenomeno, all’ombra della recrudescenza dell’attivismo neofascista, «come normalità, come codificazione, direi allegra, mondana, socialmente eletta, del fondo brutalmente egoista di una società». Altrettanto conosciuta è l’analisi proposta trent’anni più tardi da Umberto Eco sull’esistenza di un «ur-fascismo, un fascismo eterno», definibile attraverso «una lista di caratteristiche tipiche» che vanno dallo «sfruttare la naturale paura della differenza trasformandola in razzismo» all’«ossessione del complotto».

Proseguendo il lavoro d’indagine inaugurato con La politica della ruspa (Alegre 2015), un’inchiesta sulla Lega di Salvini e le nuove destre europee sempre più protese verso la conquista del potere, Valerio Renzi porta per certi versi alle estreme conseguenze la riflessione sull’attualità del pericolo e gli scenari che si vanno preparando, definendo in Fascismo mainstream (Fandango, pp. 184, euro 17) le coordinate che potrebbero rendere possibile un terribile «ritorno al futuro». Vale a dire un orizzonte nel quale «il fascismo» assuma non tanto le sembianze del tempo che fu ma quelle forse ancor più insidiose del presente segnato dalle enormi disparità sociali nel quale ci muoviamo.

SEGUENDO una doppia pista d’analisi – da un lato le caratteristiche di fondo del pensiero che ispira le destre radicali, a partire da una Tradizione gerarchica e immutabile di cui si fece interprete Julius Evola, dall’altro l’evoluzione della scena politica e sociale, la caduta di molte delle barriere già esistenti tra il mondo conservatore e quello d’ispirazione neofascista, la definizione di un’identità e di un’offerta, anche elettorale, «plurale» in questo campo -, il giornalista di Fanpage evidenzia come in una realtà dominata «dalla crisi della globalizzazione neoliberista» un corpus dottrinario che viene dal passato possa candidarsi al governo del presente. Alla base di questa riflessione sta l’idea che in un mondo nel quale le diseguaglianze – sociali, culturali, di genere… – sono tornate a dominare l’orizzonte, solo argini molto deboli si possono davvero opporre al dilagare di un pensiero fondamentalmente basato proprio sull’asserita ineguaglianza degli esseri umani.

«Se il fascismo diventa un orizzonte possibile nel nostro futuro», sottolinea infatti Renzi, è soprattutto perché «i valori, l’organizzazione sociale e la ratio profonda dei rapporti sociali espressi da questo nuovo pensiero reazionario, non solo sono perfettamente compatibili con il capitalismo neoliberista, ma ne rafforzano alcuni elementi diventando una possibile via di fuga dentro la crisi».

VA DA SÉ CHE DI FRONTE a questo rischio, gli strumenti tradizionali dell’antifascismo, ciò che l’autore definisce come «la Religione Antifascista di Stato», proprio perché rischiano di essere percepiti come la difesa di uno status quo all’interno del quale si sono sviluppate le condizioni stesse alla base delle differenze sociali, devono essere perlomeno aggiornati. Interrogando le potenzialità del pensiero critico, ciò che Renzi propone come percorso di lavoro è perciò lo sviluppo di un antifascismo che torni a promettere la trasformazione dell’esistente in senso non solo maggiormente democratico ma anche solidale e egualitario.