Peter Pomerantsev, scrittore e giornalista, esperto di propaganda ha lavorato dal 2001 al 2010 a Mosca come produttore televisivo ed è autore di Niente è vero, tutto è possibile. Avventure nella Russia Moderna (Minimum Fax) e Questa non è propaganda. Avventure nella guerra contro la realtà (Bompiani).

In «Niente è vero» evidenzia il paradosso di un nazionalismo russo che si vuole impero etnicamente puro sottomettendo tutti i territori circostanti. A che tipo di paradosso stiamo assistendo in Ucraina?
Putin sostiene di voler «liberare» l’Ucraina, mentre in realtà la sta soggiogando, che il suo obiettivo è «de-nazificarla», ma è proprio lui a utilizzare una propaganda e una retorica «nazista»: che gli ucraini non fanno parte di una vera nazione, rafforzandone nel frattempo l’identità nazionale. Forse questo è il paradosso più evidente: più insiste sull’unità tra ucraini e russi, più ne esaspera le differenze. Un altro paradosso è che questa missione di imporre la sua eredità con la violenza può decretarne la fine.

L’ipotesi dell’invasione era bollata da Lavrov come «isteria occidentale». Lei ha studiato a fondo la propaganda di Mosca, nota qualche cambiamento?
La disinformazione russa è ben conosciuta, ma ora mi sembra a corto di idee. In questa guerra forse ci si dovrebbe chiedere se Putin non sia vittima della sua stessa propaganda. La possibilità che sia lui per primo a sovradimensionare la capacità del suo esercito, e a mitizzarne il ruolo, non è senza fondamento.

Giornalisti e analisti che incontra per lavoro si aspettavano che Putin avrebbe realmente invaso l’Ucraina?
Al momento mi trovo a Washington. Qui tutti erano convinti che avrebbe effettivamente invaso il Paese. Personalmente, per come ho sempre visto Putin e l’Europa, lo trovavo invece difficile da credere. Ma c’è un aspetto su cui gli analisti americani non riescono a convergere: quanto territorio vuole Putin? L’Ucraina intera? Ne vuole un terzo o basta una parte?

Prendendo in prestito il titolo di un altro suo libro, «Questa non è propaganda», è ancora in corso l’altra guerra, quella contro la realtà?
Qui negli Stati Uniti metà degli abitanti vive in un’altra dimensione: un’enorme percentuale di persone pensa che Trump abbia vinto comunque le elezioni e che quello che è successo dopo sia stata pura macchinazione. In linea di massima direi che le cose si stanno mettendo male. In Russia la situazione è di gran lunga peggiore rispetto a quando lavoravo lì: molti credono che in Ucraina non sia in corso una guerra, ma magari solo un piccolo intervento militare nella parte orientale, niente di più. Quindi sì, siamo messi male.

Cosa ci aspetta dopo l’invasione russa?
Lo scenario peggiore è che l’Ucraina smetta di esistere come Stato indipendente, che diventi una sorta di paese colonizzato. Con lo scopo di mantenere il controllo, Putin potrebbe prendere di mira non più solo i nazionalisti, ma anche tutta quella classe di persone che guarda con simpatia all’Europa. A quel punto potremmo assistere a persecuzioni di vario genere, arresti di massa, e a una nuova ondata di rifugiati come l’Europa non ha mai visto. Quindi l’insediamento di un governo populista russofilo permetterà a Putin di concentrarsi sulla Moldavia, per poi iniziare a minacciare anche i Paesi baltici.