L’ultimatum del Pdl e di Renato Brunetta al governo – «o si evita l’aumento Iva o la maggioranza è finita» – al viceministro dell’Economia, Stefano Fassina (Pd), non è proprio andato giù. E ieri ha reagito, difendendo le posizioni del ministro Fabrizio Saccomanni, e soprattutto rimettendo sul tavolo un piatto assolutamente indigesto ai berlusconiani, ovvero la riproposizione dell’Imu per i più ricchi.

I vostri conti dicono che non c’è proprio nessuno spazio per evitare l’aumento dell’Iva dall’1 ottobre?

Evitare l’incremento dell’Iva sarebbe auspicabile, e dobbiamo fare in modo di riuscire in questo intento. Ma dobbiamo essere realisti, lo spazio finanziario che abbiamo a disposizione implica delle scelte: non siamo nelle condizioni di affrontare, tutte insieme e senza selezionare, il rinvio dell’aumento Iva, l’intervento sull’Imu, il reperimento delle risorse aggiuntive per finanziare la cassa in deroga, i fondi necessari alle missioni internazionali e l’intervento per tenere l’indebitamento sotto il 3% del Pil.

Quanti soldi ci vogliono, da qui a fine 2013, per tutti questi capitoli?

Secondo un calcolo fatto per grossi numeri, circa 5 miliardi di euro. E vorrei ricordare che l’impegno di tenere il deficit sotto il 3% non è un capriccio di Saccomanni o del premier Letta, ma è un impegno preso dal governo Berlusconi nel 2011. Adesso non si può scaricare il barile sui ministri e sull’esecutivo.

Quindi ritorna in ballo l’Imu. Cosa propone il viceministro Fassina?

Io ritengo che si potrebbe confermare l’eliminazione dell’Imu per il 90% delle prime abitazioni, e lasciarlo sul 10% rimanente, che sono le abitazioni di maggior valore. Con quelle risorse si può recuperare un miliardo per evitare l’aumento dell’Iva il primo ottobre, ma io dico che modulando bene questa modifica noi possiamo trovare anche un altro miliardo per garantire la deducibilità dell’Imu sui beni strumentali delle imprese, cioè i capannoni industriali o le botteghe degli artigiani per capirci.

In base a cosa dividete i contribuenti in un 90% e un 10%? Di chi stiamo parlando esattamente?

Mi riferisco alle tabelle e ai documenti del ministero, che individuano un 10% di prime abitazioni di maggior pregio. Parliamo di una platea complessiva di 23 milioni di contribuenti, e va ricordato che già il 25% delle famiglie non paga l’Imu, grazie alla detrazione di 200 euro più 50 per ciascun figlio. Il punto è soprattutto politico, le scelte devono basarsi su due criteri: l’equità e il sostegno ai produttori anzichè alla rendita.

Certo che però state rimettendo il dito su quello che per il Pdl è un tabù. Quasi impossibile ottenere una diversa modulazione dell’Imu senza far cadere il governo. O no?

Oltre alle leggi della politica ci sono quelle dell’algebra. Io dico solo che se non faremo scelte di questo tipo, l’Iva dovrà aumentare. Invito tutti alla riflessione: se diciamo che si può fare tutto non andiamo da nessuna parte, è solo propaganda. Io mi sforzo di guardare alla realtà, e a quello che può essere più utile non al Pd, ma al Paese.

Brunetta però ha dichiarato che il Pdl vi ha indicato le coperture per tutti i provvedimenti, e che quindi si possono tenere Imu, Iva, cig senza sacrifici.

Ma se era così facile trovare risorse alternative, perché hanno deciso l’aumento dell’Iva nell’ultima finanziaria del governo Berlusconi? Perché ricordiamo che fu già nel 2011, sotto la maggioranza di centrodestra, che furono decisi gli aumenti di cui discutiamo oggi.

Va ricordato anche che l’Imu, così come oggi lo avete riformato, rischia di essere ripagato dai cittadini in affitto.

Il governo deve ancora definire la service tax che sostituirà l’Imu, e nell’accordo politico il Pd ha tenuto fermo un vincolo: si dovrà conservare una componente patrimoniale per evitare che il peso ricada sugli inquilini.