Bisogna fare qualcosa: nel Pdl non c’è nessuno che non ne sia convinto. Ma cosa fare? Nel Pdl non ce n’è uno che sappia rispondere. Si sviluppa così, ancora una volta, la sagra frenetica del falso movimento, del nervosismo privo di sbocchi, della rabbia impotente. Nel pomeriggio senatori e deputati si chiudono in consiglio di guerra e persino il capo della delegazione al governo Angelino Alfano, colomba per professione di vicepremier oltre che per vocazione, usa toni forti: «Non c’è motivo di sorridere. Ieri c’è stato un segnale più chiaro di quelli degli ultimi anni».
Parole: la conclusione dell’assemblea dei senatori riflette lo stallo permanente in cui si dibatte l’armata di Arcore. Impossibile insistere con l’Aventino, Letta non lo accetterebbe e il capo dello Stato neppure. «Fino al 31 luglio – annuncia quindi Roberto Formigoni – saremo in assemblea permanente». Scusi senatore, che significa? «Durante le riunioni che si terranno quotidianamente verrà deciso di volta in volta cosa fare». Traduzione: teniamo alta la fibrillazione mediatica, purché non produca nessunissimo effetto concreto.
E l’azione di piazza invocata , minacciata e promessa da Daniela la Guerriera? Derubricata a un modestissimo «il Pdl è pronto ad azioni locali», come informa Nitto Palma. Qualche bella manifestazione di indignazione popolare in cittadine o paesetti vari e nessuno rischierà di farsi male sul serio.
Non è che tutto il Pdl la pensi così, è ovvio. La Santanchè avrebbe voluto davvero riempire le piazze della capitale e portare la protesta in luoghi meno inoffensivi. Verdini ha detto forte e chiaro che, fosse per lui, il Pdl si muoverebbe da subito come se la condanna fosse già stata emessa, sennò che deterrenza è?
Ma il capo nonché imputato e quindi direttissimo interessato la pensa diversamente. Che senso avrebbe far saltare il banco prima che la sentenza sia stata emessa, affondare il tavolo senza avere in mano nulla da sbandierare in campagna elettorale e anzi col rischio di farsi accusare di aver blindato l’Imu sulla prima casa negando a Letta il tempo di cancellarla o almeno ammorbidirla?
Poi, non è affatto detto che affondare il governo comporti automaticamente lo scioglimento della legislatura e il conseguente voto. Come spiega Raffaele Fitto, dando voce alle peggiori paure del Cavaliere, le probabilità che venga invece fuori una maggioranza alternativa sono forti, e quella sì che cucinerebbe il capo a fuoco per nulla lento.
Insomma, la direttiva è tassativa. Bisogna aspettare la sentenza, che peraltro probabilmente arriverà ben oltre il 30 luglio. La prima udienza serve per bloccare il rischio di prescrizione, ma nulla vieta di rinviare poi di qualche settimana. La composizione della sezione feriale della Cassazione, inoltre, non risulta affatto ostile. Non c’è nemmeno un magistrato di sinistra ed è presieduta da Antonio Esposito, padre di un altro pm, quel Ferdinando che il procuratore di Milano Bruti Liberati volle ascoltare perché portava a cena Nicole Minetti. Insomma, si può sperare nell’assoluzione.
In ogni caso, quando l’ora della verità suonerà davvero la partita dell’Imu sarà finita: il Pdl potrà vantare la soppressione dell’odiata tassa o, in alternativa, impostare l’eventuale campagna elettorale accusando gli ex alleati piddini di aver difeso loro il balzello.
Certo, dopo la possibile condanna Berlusconi non potrebbe candidarsi in prima persona e dovrebbe inventarsi un uomo (o una donna, magari una figlia) di paglia. Ma da questo punto di vista anticipare la crisi non cambierebbe una virgola. Dunque tregua armata, o se si preferisce conflitto ma per finta.
Salvo che, nelle prossime ore, Verdini e i falchi non convincano il sovrano che una guerra circoscritta subito è l’unico modo per evitare quella nucleare domani. Ci proveranno, ed è possibile che ce la facciano. Ma probabile proprio no.