Un’altra defezione nel cortile italiano di casa Tsipras. Stavolta a ritirarsi è il Pdci di Cesare Procaccini, il segretario che ha sostituito Oliviero Diliberto all’indomani della sconfitta della lista Ingroia. Il Pdci, da sempre per l’unità a sinistra, aveva subito aderito al manifesto per il leader greco. Ma nella formazione delle liste qualcosa si è inceppato: il Pdci si è visto depennare tutti i candidati. Procaccini parla di «esclusione ingiustificata e assurda, l’occasione di unire in un progetto per un’alternativa in Europa era finalmente concreta. Perché chi si è assunto la parternità di quest’operazione non l’ha portata fino in fondo?».

Racconta del colloquio con Tsipras, nei giorni della sua visita a Roma, della sintonia con lui, di un sì del Pdci «unanime e senza torcicollo». Respinge al mittente il dubbio di una consonanza dei comunisti italiani con il Kke, il partito comunista greco rimasto fuori dalla coalizione Syriza. Eppure sospetta una discriminazione politica: «L’attacco non è solo a noi, ma ad un orientamento politico, condiviso da forze comuniste e di sinistra interne ed esterne alla Lista, che viene ritenuto incompatibile con una linea euro-atlantica che sta riportando la guerra e il fascismo nel cuore dell’Europa». Ma al comitato per Tsipras si giura che la linea «euro-atlantica» non c’entra niente, («Leggere gli articoli di Barbara Spinelli per credere», dicono). Piuttosto, le candidature area Pdci non hanno passato, come tanti altri, la selezione «durissima» dei nomi. Procaccini non ci sta: «Avevamo indicato persone che hanno un loro seguito. Nessun funzionario. Anche perché il Pdci non ne ha, purtroppo. Ci ripensino, sono ancora in tempo. Chiediamo pari dignità e rispetto degli accordi presi». Di fatto un primo tentativo di ricucire, con un incontro mercoledì scorso, è finito male. Domenica Procaccini riunisce il gruppo dirigente, anche se la verità è che per il Pdci le alternative alla lista per Tsipras non sono molte. Ma intanto ha detto stop alla raccolta di firme.