«Va bene la danza della pioggia, ma oggi c’è soprattutto bisogno di un cambiamento di cultura e mentalità. Tra i cittadini ma anche tra i politici, troppo spesso legati ad una visione economica del secolo scorso, inadeguati alla sfida lanciata da Parigi ai cambiamenti climatici».

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Ermete Realacci, presidente della Commissione Ambiente della Camera, non è affatto critico con i risultati di Cop21, si sa, ma trova che perfino il suo partito non sia sufficientemente attrezzato per accogliere l’appello lanciato dalla Conferenza del clima: «Occorre una svolta culturale anche nel Pd, che non è adeguato ai tempi e deve smettere di pensare all’ambiente come a una “fortezza dei tartari”».

 

Piuttosto il tema va messo al centro dell’agenda politica perché occuparsi di ambiente vuol dire ragionare dell’economia e della società del futuro. La politica deve capire che non c’è differenza tra le misure che servono per tutelare la salute e l’ambiente a livello locale e quelle per combattere i mutamenti climatici. Ecco perché per evitare di procedere di emergenza in emergenza nelle metropoli italiane occorre una sinergia almeno dei ministeri dell’Ambiente, delle Infrastrutture e dei Trasporti».

Parliamo delle misure adottate a Milano e a Roma per abbattere i picchi di inquinamento fuorilegge. Il suo parere?
Sono misure tampone, in attesa che cambi la situazione atmosferica. Però servono, se sono serie. E Milano ha preso la strada giusta, con il blocco totale, il potenziamento del trasporto pubblico e la richiesta di agire su un’altra fonte importante che è il riscaldamento domestico. Roma no. Mi sembra che le misure prese nella Capitale siano onestamente sotto la sufficienza, oltre al fatto che sono stati dati segnali contrastanti con la sospensione del trasporto pubblico nel giorno di Natale ma anche con la chiusura della metropolitana a una certa ora della sera.

Dopodiché le vere misure da prendere sono quelle di medio-lungo periodo. E infatti come Commissione Ambiente già la scorsa settimana avevo chiesto al ministro Galletti di convocare una riunione almeno con i sindaci dei comuni della pianura padana perché, considerando la particolare condizione olografica, è importante che il blocco del traffico a Milano sia accompagnato anche da quello nei comuni intorno.

E ora finalmente Galletti ha convocato per domani un tavolo di coordinamento con governatori e sindaci delle grandi città. Ma quali misure può adottare il ministro dell’Ambiente e cosa possono fare le Regioni?
Il ministro dell’Ambiente da solo non può fare molto: può dare un po’ di soldi per aiutare i comuni che vogliono adottare misure anti-smog. Le Regioni nel periodo breve possono per esempio accompagnare le misure tampone e agevolarne il ricorso su aree più vaste della singola città, favorendo un coordinamento dei comuni.

Ma è sul periodo più lungo che le Regioni insieme al governo hanno responsabilità e competenze molto importanti per un cambiamento di rotta. Per esempio riguardo il trasporto pubblico su ferro e le misure di rafforzamento dei treni pendolari. Ecco perché dicevo che Galletti dovrebbe coinvolgere almeno i ministri Delrio e Guidi. Perché le cause di questo inquinamento sono da attribuirsi in eguale misura al traffico, al riscaldamento domestico e al sistema produttivo in generale (industria e in parte anche agricoltura).

L’emergenza però è anche sanitaria, al di là dell’approssimazione con cui Grillo ha attribuito all’inquinamento la causa dei 68 mila morti in più conteggiati dall’Istat nel 2015 rispetto all’anno scorso.
Grillo dice una sciocchezza. E in più paradossalmente sbaglia per difetto, perché i dati dell’Agenzia europea per l’ambiente parlano addirittura di oltre 80 mila morti accelerate dall’inquinamento atmosferico, nel 2012 in Italia. Dati coerenti peraltro con ciò che va dicendo da anni l’Oms in particolare sulle polveri sottili che provocano decine di migliaia di decessi l’anno nelle aree urbane. Questo è un dato serio, non quello di Grillo.

I Verdi hanno chiesto al premier Renzi di destituire il ministro Galletti e nominare lei al suo posto.
Questa è una boutade…

Però quali misure dovrebbe adottare il governo?
Per esempio, sui trasporti: la privatizzazione delle ferrovie non mi sembra un’idea geniale perché in Europa non è andata bene, ma in particolare vorrei capire il ricasco sui treni pendolari, che sono una risposta all’emergenza smog e non sono all’altezza di un Paese civile. Non solo: la mobilità del futuro richiede scelte di politica industriale. Per esempio, l’Enel spinge sulla mobilità elettrica mentre l’Fca (Fiat Chrysler) no: non si può non tenerne conto per evitare che tra dieci anni saremo costretti a comprare auto elettriche all’estero. Altro esempio: gli edifici.

L’Ue impone per le nuove costruzioni che quelle pubbliche siano a consumo quasi zero dal 2019, e dal 2020 anche le private. Ma se pensiamo all’esistente, premiare il risparmio energetico e sollecitare a questo fine la ristrutturazione potrebbe far risparmiare alle famiglie il triplo rispetto al taglio dell’Imu sulla prima casa. D’altronde la misura più efficace in funzione anti ciclica è stato il credito d’imposta e l’eco bonus. E la nuova edilizia green può produrre enormi quantità di lavoro. Infine le imprese: quelle che dall’inizio della crisi hanno fatto investimenti in green economy – e sono circa un quarto del totale – sono quelle che esportano di più, innovano il doppio delle altre, e hanno prodotto, tra diretto e indotto, quasi il 50% dei posti di lavoro.

Il governo dunque deve fare di più?
Assolutamente, e proiettare l’Italia in questa sfida come ruolo di guida. D’altronde è già in atto un cambiamento culturale – si pensi alle 120 mila persone che a Milano usano il car sharing con 40 mila immatricolazioni in meno – che può favorire politiche più ambiziose.