A Matteo Renzi che l’ha incontrata insieme alle altre associazioni lgbt a margine dell’assemblea del Pd, Marilena Grassadonia, presidente delle famiglie Arcobaleno, domenica l’ha detto chiaro e tondo: «Rischiate di approvare una legge per le persone omosessuali che non piace agli omosessuali, non le sembra assurdo?». Il premier-segretario ha ascoltato come al solito, ha ripetuto che non ci si poteva fidare del M5S e poi, come al solito, è andato per la sua strada. Che non incrocia più quella di quanti da anni aspettano che gli vengano finalmente riconosciuti diritti ormai scontati in quasi tutta Europa – compreso quello ad avere dei figli – ma che invece si intreccia perfettamente con quella del Ncd di Alfano.

Forse già oggi il governo depositerà in Senato il maxi-emendamento che modifica il ddl Cirinnà privandolo dell’articolo 5 relativo alla stepchild adoption e dell’ultimo comma dell’articolo 3, riferito alle adozioni speciali (nella speranza che nel frattempo – cedendo ai falchi del suo partito – Alfano non abbia strappato altre concessioni), «Una legge dimezzata», si sfogano le associazioni lgbt. «Il Pd cede davanti a chi, in parlamento, ha offeso noi e i nostri figli», prosegue la presidente delle Famiglia Arcobaleno.

Oggi le associazioni lgbt incontreranno i senatori di Sel e il direttorio grillino. A Luigi Di Maio chiederanno conto della decisione di non votare il super-canguro che avrebbe permesso di mettere la legge al sicuro, ma anche cosa conta di fare quando il provvedimento arriverà alla Camera dove la conta dei voti è notevolmente diversa rispetto a palazzo Madama. Il M5S reintrodurrà la stepchild adoption, dimostrando così di non aver mentito tutte le volte che ha affermato di voler votare il ddl Cirinnà così com’era – oppure no? Nella consapevolezza che se anche così fosse, sarebbe una magra consolazione visto che poi la legge tornerebbe al Senato dove mancano i voti per approvarla con le adozioni e si ricomincerebbe.

«Non si passi da una legge Cirinnà a una legge Alfano. Questa dev’essere la legge di tutti coloro che vogliono portare l’Italia fuori dal Medioevo»., ha chiesto ieri il portavoce di Gay Center Fabrizio Marrazzo. Medioevo o no, di sicuro gli ultimi sviluppi del ddl Cirinnà non solo non permettono all’Italia di mettersi in paro con l’Europa – che pure glielo ha chiesto più volte – ma rischia addirittura di tornare indietro. «Il paradosso è che siamo scesi in pazza per chiedere dei nuovi diritti e adesso ci ritroviamo a dover difendere quelli che già abbiamo», riflette Marilena Grassadonia.

Senza la stepchild adoption la parola per quanto riguarda le adozioni tornerà ai tribunali che finora hanno sempre dato ragione alle coppie omosessuali che hanno chiesto di adottare il figli del partner. E un nuovo richiamo al parlamento potrebbe arrivare dalla Corte costituzionale chiamata da domani a decidere sul caso di due donne sposate negli Stati uniti che chiedono l’adozione reciproca delle rispettive figlie, come già stabilito da un tribunale dell’Oregon.

Nel frattempo le associazioni si appellano ancora una volta a Pd, Sel e M5S perché trovino un accordo che salvi la legge evitando il voto di fiducia. «La fiducia equivale a uno svuotamento della legge, ad accordi al ribasso e quindi diciamo chiaramente no», chiede il Circolo di cultura omosessuale Mario Mieli. Da mercoledì riprenderanno i presidi sotto il Senato, mentre per il 5 marzo il movimento lgbt prepara una manifestazione nazionale a Roma. Che rischia, però, di arrivare fuori tempo massimo, quando i giochi saranno già fatti e il ddl Cirinnà approvato da Palazzo Madama. Anche per questo il movimento è diviso. C’è chi preferirebbe non avere nessuna legge piuttosto che una che non garantisce il diritto all’omogenitorialità e chi, invece, considera un passo avanti anche una legge dimezzata.