Prende corpo la mobilitazione del Pd per l’Afghanistan annunciata martedì da Enrico Letta. Lanciata ieri la raccolta fondi «Insieme per il popolo afghano» che vedrà coinvolti parlamentari, dirigenti, sindaci. «Sottoscrizione per aiutare le ong che rimangono a Kabul, iniziative per l’accoglienza dei rifugiati che arrivano, gemellaggi, mobilitazione per sostenere le donne afgane. Il Pd decide aiuti concreti per la società afgana che non vuole tornare indietro», spiega Letta in un tweet, dopo aver riunito la segreteria al mattino.

Mobilitata anche la rete delle feste dell’Unità, cambia il programma di quella nazionale a Bologna, dove i primi due giorni (26 e 27 agosto) saranno dedicati quasi interamente alla crisi afgana.

TRA I BENEFICIARI CI SONO Emergency, Croce Rossa Italiana, Pangea Onlus, Women for women international, Nove Onlus. Oltre all’Anci, che girerà i fondi ai sindaci che presenteranno proposte di aiuto, come alloggi per le famiglie, in particolare per le donne con bambini, corsi di lingua, cure mediche, pratiche burocratiche.

Nel Lazio, la presidente della commissione Pari opportunità della regione Eleonora Mattia propone: «Mettiamo a disposizione tutti i centri anti violenza e le case rifugio per ospitare le donne, le ragazze e le bambine costrette alla fuga».

«Le deputate e i deputati dem daranno il proprio contributo a favore delle iniziative di raccolta fondi, di sostegno ai sindaci e alle organizzazioni del terzo settore», dice la capogruppo alla Camera Debora Serracchiani.

Il responsabile immigrazione Matteo Mauri aggiunge: «Dobbiamo gestire un fenomeno che non si esaurirà nell’emergenza delle prime settimane. Penso si debba intervenire subito per ampliare il sistema di accoglienza Sai, che abbiamo messo a punto con il decreto Immigrazione del 2020: il migliore per dare una risposta rapida e di qualità, per garantire al meglio l’integrazione e sostenere concretamente i Comuni».

SALVINI METTE SUBITO i bastoni tra le ruote: «Corridoi umanitari per donne e bambini in pericolo certamente sì. Porte aperte per migliaia di uomini, fra cui potenziali terroristi, assolutamente no». «Non si può chiedere all’Italia di fare di più, gli altri paesi europei facciano la loro parte», insiste.

E Giorgia Meloni rincara. «Sono gli Usa di Biden che devono farsi carico delle conseguenze umanitarie di questo disastro politico-militare: i profughi devono andare negli stati confinanti con l’Afghanistan».

Il Pd contrattacca: «Salvini vuole corridoi umanitari solo per donne e bambini, per gli uomini no», dice Matteo Orfini. «La famiglia prima di tutto, a patto che non sia una famiglia di migranti. In quel caso la si può smembrare. Immagino che anche questo lo dica ‘”da padre”».

Il leghista insiste e si scaglia contro Lamorgese: «Non c’è un ministro dell’Interno in carica e la situazione afgana rischia di complicare ulteriormente la situazione». E ancora. «Io al Viminale ho fatto il mio lavoro, ho salvato vite e vado a processo a Palermo, lei aumenta i morti i problemi e gli sbarchi».

LA RESPONSABILE ESTERI del Pd Lia Quartapelle prova a rilanciare: «Sui profughi serve unità nazionale. Fa un errore chi, magari per un calcolo elettorale di breve respiro, sovrappone questa emergenza alla quotidiana sfida di gestione dei migranti che arrivano via mare o attraverso la rotta balcanica. Qui si tratta di salvare e accogliere persone che ci hanno aiutato, e che ora rischiano la vita». «Si prepari da subito una accoglienza diffusa su tutto il territorio nazionale, raccogliendo le disponibilità dei sindaci, che sono tanti, anche di città governata dalla Lega come Treviso e Ferrara. Servono tanti piccoli progetti, comune per comune».

Mentre Salvini s’improvvisa esperto di relazioni internazionali («Dietro a tutto c’è il Pakistan, lunedì mattina incontrerò l’ambasciatore»), l’audizione dei ministri Di Maio e Guerini con le commissioni parlamentari di Camera e Senato resta fissata per il 24 agosto. Niente anticipo. E l’idea di convocare le Camere resta (sponsorizzata da Renzi e Meloni) lettera morta, nonostante Di Maio abbia dato la sua disponibilità. C’è il timore dei banchi vuoti, visto che i parlamentari sono in ferie fino al settembre. E stavolta, a differenza del 2019, non c’è una crisi di governo a obbligarli al rientro.