Il Pd non tratta con la coppia dei due Mattei, Salvini e Renzi, sulla legge Zan. Vuole vedere il bluff. La mossa dell’ex rottamatore per coinvolgere il leghista in una trattativa amputando il testo uscito dalla Camera viene derubricata a puro balletto politico. «Basta schermaglie e tatticismi. Da martedì si fa sul serio, è il momento della verità e della responsabilità di una intera classe dirigente», il ragionamento che viene fatto al Nazareno.

IERI LETTA HA RIUNITO un gruppo ristretto con alcuni membri della segreteria e i senatori più esposti, da Monica Cirinnà a Franco Mirabelli. La linea non cambia: si va alla battaglia del Senato, consapevoli che «con i voti di Italia Viva la maggioranza che ha approvato la legge alla Camera c’è anche in Senato». Toccherà a Renzi valutare se «tradire» o meno l’impegno che aveva preso.

E del resto oggi poco dopo le 16.30 l’Aula voterà il calendario, che prevede che la Zan venga discussa dal 13 luglio. «Lì si vedrà che la maggioranza c’è», spiega Mirabelli. «Gli stessi voti che approveranno il calendario possono dare il via libera alla legge».

QUANTO A RENZI, «le sue sono proposte di modifica tattiche e inutili», dice il senatore dem. «Servono solo a lui per fare un’apertura di credito alla Lega, che ha già dimostrato di non volere questa legge». Il riferimento all’«identità di genere», che i due Mattei vorrebbero togliere, per il Pd non si tocca. «La Corte costituzionale ha già ammesso questa definizione- dice Mirabelli-. Toglierla significherebbe escludere dalla protezione le persone transgender».

«Su una questione che riguarda persone che subiscono discriminazioni ogni giorno sulla base di chi sono, bisogna avere il coraggio di dire un sì o un no con trasparenza». spiegano al Nazareno. Dunque nessuna richiesta di voti segreti. «Chi può fidarsi delle offerte di Salvini? Il testo uscito dalla Camera è stato limato da una maggioranza che è stata coesa e costruttiva», spiegano i dem. «Tutte le mediazioni sono già state fatte alla Camera, condivise fino alle virgole con Italia Viva», insiste Monica Cirinnà: «Se dobbiamo morire lo faremo in battaglia».

NON TUTTI NEL PD credono che Renzi andrà fino in fondo, votando con Salvini. C’è chi pensa che «sia una tattica per avere un po’ di audience». E chi fa notare che «gli emendamenti non li ha ancora presentati». Letta naturalmente non si fida di lui e sa che potrebbe tradire davvero, mandando la Zan a rotoli: ma ritiene che sedersi al tavolo con il gatto e la volpe sia assai più rischioso di un confronto in aula alla luce del sole. E del resto il “biscotto” è già pronto. I due Mattei già cantano in coro il ritornello: «Se la legge sarà affossata la colpa sarà di Letta».

TOCCA PROPRIO ad Alessandro Zan, il promotore della legge, rinfrescare la memoria ai renziani: «La Lega vi sta usando come cavallo di Troia». Il deputato Pd ricorda che «l’articolo 1, che ora Iv chiede di modificare, è frutto dell’emendamento di Lucia Annibali, mentre la formulazione dell’articolo 7 sulla scuola nasce da un emendamento di un altro deputato di Iv, Gabriele Toccafondi». «Le definizioni sono state volute e concordate con la ministra Bonetti- prosegu eZan-  anche sulla scuola. E l’introduzione dei reati d’odio contro i disabili nasce da un emendamento della deputata di Iv Lisa Noja».

«È stato un lavoro lungo ma condiviso, faticoso ma entusiasmante», sintetizza Zan. «Le proposte fatte oggi da Renzi sono in contraddizione con tutto questo lavoro». Di qui l’appello agli «amici di Italia Viva»: «Salvini vi vuole usare, è lo stesso leader che ha definito innocua la legge omofoba di Orban». Un appello non casuale: nel Pd sono convinti che diversi senatori di Iv non vogliano l’abbraccio con Salvini.

RESTANDO ALL’UNGHERIA, Cirinnà è ancora più esplicita: «Sui diritti Renzi sta facendo scivolare l’Italia verso l’Ungheria di Orban. Io fino a ieri pensavo che Salvini fosse come Orban. Adesso invece lo penso di Renzi: sta facendo l’occhiolino alla Lega e a Forza Italia per trattare sull’elezione del presidente della Repubblica e sulle future elezioni. Del resto, un partitino che stabilmente sta sotto il 2% ha solo due opzioni: o guardare all’area a lui limitrofa, cioè il centrodestra, oppure buttarsi dal ponte di Ariccia».