Alla direzione, a porte chiuse, Vendola ha parlato di «indecenti pressioni su Sel da parte del Pd». Davanti ai cronisti ha attenuato le parole, ma la sostanza dell’accusa resta.

Matteo Orfini, state facendo ’scouting’ sui deputati di Sel?

No, osserviamo con rispetto il travaglio. Ma prendersela con il Pd è autoassolutorio da parte di chi dovrebbe ragionare sulle cause della sua crisi, anziché andarle a cercare altrove.

Allora cerchiamo le cause: Renzi è l’erede della vocazione maggioritaria veltroniana. Esisterà, in futuro, il centrosinistra di cui Sel voleva essere la sinistra?

Ci sono molte differenze fra il Pd di oggi e quello del Lingotto. Una è la collocazione del Pd nel Pse. Due anni fa, proprio sul manifesto, ragionavo così: dato che Sel è arrivata prima di noi alla scelta del Pse, cioè a quella parte che vuole cambiare le politiche europee, quando raggiungeremo lo stesso approdo non ci sarà ragione di stare in due contenitori distinti. Quella scelta, che era di una sinistra che accetta la sfida di governo, entra in crisi quando Sel per ragioni di contingenza elettorale decide di costruire l’operazione Tsipras, che aveva elementi di ambiguità, infatti esplosi subito. Questo ha messo in crisi Sel: il cambio radicale di linea.

Sel ha ancora ambizione di governo, ma non vuole governare con Alfano. E ai tempi della coalizione Italia bene comune non eravate nello stesso gruppo europeo. Quel centrosinistra è una storia chiusa?

Se vogliamo ragionare del nostro futuro insieme, cerchiamo di capire cosa vogliamo fare e in nome di chi. Insieme, alle politiche, abbiamo preso il 29 per cento e in larga parte abbiamo preso i voti fra le persone che non avevano problemi a arrivare a fine mese. Quelli che ne hanno alle europee hanno deciso di mettere una fiche sul Pd. Qual è la lettura di un partito di sinistra che per ritrovare quel radicamento lo cerca nel salotto di Barbara Spinelli? Il risultato del Pd, con tutte le ambiguità e le eccezionalità che si vogliono, dimostra che una scelta di campo, con un impianto diverso da quello renziano delle origini, ricomincia a parlare con il paese. Anziché farne la caricatura, e giudicarlo solo in base alla presenza di Alfano, vogliamo rifletterci?

Aspetti: fra Spinelli e Sel c’è stata qualche frizione politica.

E Vendola se n’è accorto solo dopo il voto?

Comunque il radicamento popolare lo intercetta solo il Pd? Nel 2018 correrete da soli come nel 2008?

Se ci riconoscessimo nello stesso partito europeo…

…cioè quello che vota Junker.

La scelta di Junker è per rispetto agli elettori, mi pare che anche Tsipras lo preferisca. E comunque il Pd ha condizionato quel voto a un documento che mette in discussione le politiche di austerità. Due anni fa Vendola mi rispose: mescoliamoci. Il ragionamento è ancora valido, ma oggi lui ha cambiato idea.

’No Pse, no centrosinistra’?

Governiamo insieme in tante regioni, ma il tema è cosa diventa Sel. Sta all’opposizione di un governo che ha cominciato ad affrontare i problemi di quella parte del paese che ha più bisogno di aiuto. Vogliamo continuare a parlare di Alfano o discutiamo di cosa fa il governo Renzi?

Ad esempio, l’Italicum, legge che mortifica la rappresentanza, oltreché le coalizioni.

Le ’soglie’ sono il principale problema dell’Italicum. L’ho detto e lo ripeto: spero si possa cambiare. Ma il dato delle europee dimostra che un progetto politico chiaro e definito è attrattivo più delle coalizioni composite.

Dunque meglio ’correre soli’?

Meglio lavorare per una sintesi vera del progetto politico. La sinistra animata da un mondo intellettual-radicale esiste, ma rappresenta i più deboli? L’operaio di una fabbrica che chiude, o il giovane precario iperqualifiquato oggi guarda al Pd e gli chiede di cambiare le cose.

A quel precario il Pd ha apparecchiato il decreto Poletti.

Non è la maggioranza migliore del mondo, preferirei non governare con una coalizione ’larghetta’. Ma qualche risposta arriva: gli 80 euro la si può raccontare come si vuole, ma sono un’inizio di redistribuzione.

Chi esce da Sel guarda a Renzi, non alla sinistra Pd.

È bene che ci si iscriva al Pd senza iscriversi preventivamente a una corrente. È curioso invece che qualcuno di noi sia preoccupato dai nuovi ingressi magari perché levano spazio politico nella dialettica interna.

La sinistra Pd è diventata sinistra renzista?

Parlo per me: non ero e non sono renziano. Il dibattito che abbiamo avuto in questi anni ha prodotto un’evoluzione di tutti, mia, di Renzi e di tanti altri. Il Renzi che in Europa invoca politiche neokeynesiane è diverso dal Renzi di due anni fa. E siamo diversi anche noi, che misurandoci con una sconfitta, abbiamo capito che bisogna essere più coraggiosi. Anche quando i conservatorismi albergano in luoghi ’amici’. Se vogliamo bene al sindacato, e al servizio pubblico, dobbiamo stimolarlo a scrollarsi delle incrostazioni corporative.