Condannato alla coerenza. Sul voto per la decadenza del senatore Berlusconi il Pd è determinato, ma anche costretto dal suo elettorato, a non tornare indietro. E così però adesso il partito di Epifani fa i conti con la sempre più possibile caduta del governo Letta.

Che non significa però voto anticipato, ipotesi al Colle non verrebbe neanche presa in considerazione. Ieri la segreteria democratica, alla prima riunione dalla ripresa, ha ribadito il sì alla decadenza. Per Epifani «la legge va applicata», d’altro canto sarebbe «grave esporre Italia all’instabilità». Per Matteo Colaninno «il problema sta tutto nel Pdl: se apre la crisi sarebbe una decisione irresponsabile e irragionevole».

Alla crisi, nel Pd delle varie osservanze congressuali, non ha mai davvero creduto nessuno. Ma il timore che il Pdl finisca con l’essere obbligato a staccare d la spina all’esecutivo comincia a farsi strada. E così per l’ennesima volta il gruppo dirigente dem si aggrappa al presidente della Repubblica per rirare avanti la legislatura. «Napolitano deciderà per il bene del paese», è convinto il bersaniano Davide Zoggia. No a elezioni subito: «Il parlamento dovrebbe cercare di approvare una nuova legge elettorale e la legge di stabilità». Dall’altra parte del Pd anche Renzi non crede e non vuole il voto nel 2013: «Il governo non casca», dice il sindaco di Firenze, che esclude ulteriori rinvi del congresso. Un’intenzione, questa, attribuita da indiscrezioni di stampa a Pier Luigi Bersano. Che ieri ha smentito: «Per me il congresso si può fare domani. Non ho niente da chiedere, voglio esprimere le mie idee». Ma le sue idee sono: «Che il congresso possa svolgersi in una situazione politica che permetta una discussione politica seria». E cioè non in piena crisi di governo né alla nascita di un nuovo esecutivo.

Ma Renzi è ormai già al galoppo verso la segreteria, trampolino per le primarie per la premiership in primavera, sfruttando la data delle amministrative, prima delle europee di maggio. Puntando a Palazzo Chigi potrebbe lasciare il posto a un nuovo segretario Pd, o meglio tenersi i due incarichi com’era nell’idea del Pd della fondazione. Ieri ha incassato se non un endorsement, certo un’apertura di credito dall’alleato Vendola. Le «carte di Cuperlo» lo «affascinano», ha spiegato alla festa del Pd a Genova. Ma se vincesse Renzi «che problema c’è?». Oggi per Vendola il sindaco «è un politico puro ed è una persona intelligente, sta ragionando sul proprio vocabolario e sul programma. Se alle primarie avesse vinto Matteo l’avrei sostenuto come candidato premier, altrimenti non avrei partecipato alle primarie». Oggi per Sel, spiega Gennaro Migliore, «è utile una nuova maggioranza. Evitando però di pescare nuovi Scilipoti nel Pdl».

Ma senza nuovi Scilipoti, il coniglio non esce neanche dal cilindro di Napolitano. Per il Colle le strade per non sciogliere le camere non sono infinite. Quelle concrete resterebbero tutte appese a una pattuglia di dissidenti del Pdl e dell’M5S. Condizione simile a quella per cui Bersani, da premier incaricato, gettò la spugna. Né Napolitano decise di mandarlo a tentare la sorte al senato, in assenza di una maggioranza apertamente dichiarata.

Intanto nel Pd i giochi congressuali entrano nel vivo. E gli sgambetti. Ieri il renziano Dario Nardella ha dichiarato al Sole 24 Ore che il Pd dovrà stringere meglio i legami con il Pse, al quale non aderisce anche per il veto di alcuni ex ppi ora con Renzi. Gira il coltello nella piaga il dalemiano Enrico Rossi: «Anche noi della sinistra vogliamo entrare nel socialismo europeo. Votiamolo alla prossima assemblea nazionale». Il fatto è che anche l’area Cuperlo si prepara ad accogliere Rosy Bindi e Franco Marini. Anche loro scettici sull’adesione alla famiglia socialista europea. La discussione non tarderà ad esplodere. Anche perché l’Spd, il ’partito fratello tedesco’, fra due settimane rischia di prendere una solenne batosta alle presidenziali contro Angela Merkel. La cancelliera che con Renzi ha una sua sintonia: nel luglio scorso lo ha invitato a Berlino per conoscerlo, trovando il giovane politico «molto interessante».