«Noooo, non è una passerella in periferia», «abbiamo scelto un luogo simbolico, non lo nego, ma per noi anche l’inizio di un percorso che continueremo. Presto saremo a Napoli. E allo Zen di Palermo». Maurizio Martina assediato dai fotografi più che rispondere si difende. Domanda: che ci fa qui il segretario di un partito che più si allontana dal centro di Roma più perde voti, al contrario esatto degli anni delle giunte rosse?

QUI, A TOR BELLA MONACA, periferia est di Roma, dove la metro è una meta lontana, dove solo il 59 osa, e non a tutte le ore. Per arrivarci si attraversa l’Appia, regno dei Casamonica. Qui all’ultimo giro hanno stravinto i 5 stelle. Il Pd ha preso il 12 per cento. In precedenza aveva chiuso un circolo, di quelli che la mappatura di Fabrizio Barca del 2014 definiva «pericolosi e cattivi». Ha poi riaperto i battenti con un gruppo di giovani. Qui si è trasferito il presidente Matteo Orfini durante la campagna elettorale, «mission impossible», oggi racconta. È arrivato terzo: «Quando sono venuto qui le persone non hanno criticato questo o quel provvedimento ma mi ripetevano ’ci sentiamo abbandonati’; la risposta è la presenza, una presenza costante.Ci sono i problemi ma anche tanta gente che cerca di reagire. Associazioni, volontariato cattolico».

Martina prova a «ripartire dalle periferie», anche se la prova di ieri non è però proprio smagliante.

APPUNTAMENTO ALLE DUE. Ci sono i poliziotti, i vigili urbani, i giornalisti, e i dirigenti dem che hanno passato la mattinata a chiedersi come arrivare «laggiù». Invece gli abitanti non ci sono. Saranno rifugiati all’ombra degli appartamenti. Del resto la canicola è feroce, l’afa sfinisce, a pensare male sembra che il Pd abbia scelto apposta un momento che scoraggia gli incontri, nel bene e nel male. Siamo in un centro commerciale, a quest’ora è vuoto anche lui. Solo una signora si avvicina: «Perché arrivate solo ora?». «Vogliamo essere un partito di strada che non ha tutte le risposte, a chi ci dice ’Non vi abbiamo mai visto’ rispondiamo: ’ora siamo qui per ascoltarvi’», «Il governo attui il piano periferie che abbiamo lasciato in eredità», spiega con pazienza Martina. Poi parla del decreto dignità: chiede la riduzione di un punto all’anno del costo del lavoro di qui alla fine della legislatura, perché senza questa condizione il decreto «produce solo disoccupazione e affanno».

MA LA SCENA È SURREALE, un circo mediatico in mezzo al nulla. Sembra un film. Ma non è Lo chiamavano Geeg Robot, la pellicola stracult di Gabriele Mainetti in cui Claudio Santamaria trasformato in un supereroe sradicava un bancomat (fra gli applausi del pubblico in ogni sala). Girato a due passi da qua. E non è neanche La terra dell’abbondanza, altro capolavoro dei Fratelli D’Innocenzo, due trentenni made in Torbella che però hanno ambientato la loro opera prima un po’ più in avanti, a Ponte di Nona. Un luogo descritto come «una vera bomba sociale» da Fabrizio Compagnoni, segretario del Pd di zona, che per parlare delle emergenze della sua periferia non ha più le parole: «C’è il campo di via Salone, il più grande campo nomadi d’Europa». Naturalmente Matteo Salvini c’è stato di recente.

IN REALTÀ LA LOCATION che Maurizio Martina ha scelto per l’esordio della sua segreteria è molto meno hard: la bella libreria a Booklet Le Torri, una trincea di cultura aperta a maggio scorso grazie alla testardaggine di Alessandra Laterza, una tosta, tesserata Pd, una che mentre il servizio d’ordine dem sbarra l’ingresso ai giornalisti trova subito la soluzione: «In questo momento i giornalisti non possono entrare. Ma naturalmente chi cerca un libro in una libreria è sempre il benvenuto».

L’IDEA NASCE DA UN REPORTAGE scritto da Gianni Cuperlo per l’Espresso. Una sua gita in Vespa con il Tom tom, una specie di Caro diario alla Nanni Moretti, l’indimenticabile «fuga da Spinaceto». Era il 1993 e il problema della sinistra con le periferie era già un film. «Esci e cominci a capire che se dici solo “periferia” non è che non hai detto tutto. È che rischi di non capire niente», scrive oggi Cuperlo, «Che la sinistra torni a vedere un mondo che, nonostante noi, ha continuato a vivere. E che oggi non conosciamo più. La morale? Non sono loro ad avere bisogno di noi. Siamo noi a dover imparare quello che abbiamo scordato».

«Sono contento che il segretario sia venuto qui, vedremo fra qualche mese se tornerà o si dimenticherà», sospira Fabrizio. Le passerelle non mancano. Oggi ci saranno altri flash, anche la sindaca Raggi ha convocato un consiglio comunale in trasferta.