«Per quanto riguarda il Pd non c’è nessun dubbio: noi siamo per punire chi inquina ma, come per qualunque altro reato, siamo anche favorevoli alle attenuanti per chi si pente e si adopera per bonificare e riparare i danni fatti, sempre nel caso che ciò sia possibile». Come altri suoi colleghi democratici, anche il senatore Pasquale Sollo, co-relatore insieme all’alfaniano Gabriele Albertini del ddl sugli eco-reati che oggi torna all’esame dell’Aula, tenta ora di fugare ogni dubbio. L’emendamento-vergogna che introducendo il «ravvedimento operoso» salva i grandi inquinatori, a cui si dà la chance di mostrarsi “pentiti” giusto a ridosso dell’apertura del processo, sarà con ogni probabilità soppresso.

Il governo si è già espresso in questo senso e avrebbe già depositato il parere favorevole agli emendamenti che correggono l’«errore», anche se per sua stessa natura il ddl 1345, che introduce nell’ordinamento penale italiano le quattro tipologie di reato ambientale più importanti, spacca in due la maggioranza di governo come poche altre cose, sotto le pressioni opposte degli ambientalisti da un lato e delle associazioni confindustriali dall’altro. Vedremo oggi in Aula, dove è previsto il voto dei 170 emendamenti e dei 40 subemendamenti, quali delle due lobby avrà la meglio.

Il ministro dell’Ambiente, Gianluca Galletti, si limita solo a chiarire che «il mio ministero non darà parere favorevole a nessun emendamento che in qualche modo faccia perdere di efficacia a quel disegno di legge in cui noi crediamo di molto». Un ddl, va ricordato, firmato per primo dal piddì Ermete Realacci e licenziato giusto un anno fa in prima lettura alla Camera, dove ora dovrà necessariamente tornare per un secondo passaggio. E, a sentire Paolo Vaccari, segretario della commissione Ambiente, «al di là delle dinamiche che hanno portato ad un voto notturno e frettoloso nelle commissioni Giustizia e Ambiente, correggeremo il testo in Aula per ripristinare la punibilità».

Il «voto notturno e frettoloso» sul provvedimento è arrivato il 26 gennaio scorso alle due di notte, all’ultimo minuto possibile dell’ultima seduta delle commissioni che avevano improvvisamente stabilito di accelerare l’iter rinviando ogni altra modifica all’esame dell’Aula. E per di più è arrivato all’unanimità, o quasi: solo Loredana De Petris di Sel e Maria Mussini del Gruppo misto hanno votato contro quell’emendamento all’articolo 452 octies, firmato dal M5S che poi lo ha riformulato e che al secondo comma recita: «La punibilità è esclusa nei confronti di colui che, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, provvede alla messa in sicurezza, alla bonifica e, ove possibile, al ripristino dello stato dei luoghi». Anche in caso di recidiva.

Se, come annunciato, questa norma verrà eliminata con l’approvazione dei due emendamenti abrogativi – uno proposto dallo stesso M5S e l’altro da Forza Italia -, il «ravvedimento operoso» rimarrà solo come attenuante. È prevista infatti la diminuzione «dalla metà a due terzi» delle pene per chi collabora con le autorità giudiziarie, «si adopera per evitare che l’attività delittuosa venga portata a conseguenze ulteriori» o «provvede alla messa in sicurezza, alla bonifica e, ove possibile, al ripristino dello stato dei luoghi». Sulla prescrizione, il ddl prevede il raddoppio dei tempi rispetto ai reati ordinari. Un tempo abbastanza lungo, visto che per le quattro nuove tipologie di reati ambientali – inquinamento, disastro, traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività e delitti colposi contro l’ambiente, compreso l’impedimento del controllo – sono previste pene fino a 15 anni di reclusione.

Con queste norme forse le pene sarebbero state più severe per la Tamoil che – come scrive il Gup, Guido Salvini, motivando ieri la condanna emessa lo scorso luglio – per anni a Cremona ha «gravemente inquinato la falda acquifera, riversando metri cubi di idrocarburi pericolosi per la salute». Un caso per il quale non potrebbe essere contemplato alcun ravvedimento operoso.