Lo scatenamento parlamentare di un Pd insolitamente compatto contro la manovra poteva sembrare una tregua sul fronte interno, quello delle primarie del 3 marzo.

Ma a un orecchio più esperto, dagli interventi degli scranni dem affiorava un sottotesto. Un messaggio nel messaggio, non rivolto alla maggioranza: i più combat contro i gialloverdi sono stati i renziani. Volevano dimostrare a Renzi che, battendosi per la vittoria di Martina, sarebbe possibile revisionare il Pd e trasformarlo in una nuova macchina da guerra.

Meglio, molto meglio che tentare le incognite della rottamazione. Ovvero della scissione.

Il 2019 sarà l’anno cruciale. A 12 anni dalla nascita, per la prima volta il Pd è alla vigilia di una scissione sul serio fatale.

Il primo passo è in programma per fine gennaio. «Fatale? Macché, vitale». Per chi lavora al nuovo soggetto il vantaggio della scissione anche per la Ditta è lampante: «La rottura è consensuale. Non è una scelta ostile verso il Pd. Il proporzionale, in Europa e in Italia, pone l’urgenza di allargare le alleanze. Renzi deve essere il leader di una forza attrattiva per i moderati anti-Salvini. Dividendo i nostri destini, ma solo momentaneamente, noi potremmo dedicarci a questo lavoro, a partire da una lista alle europee. E il Pd potrebbe dedicarsi con più coerenza a ricostruire la sinistra. Poi ci alleeremo: a Bruxelles e in Italia alle politiche, che non tarderanno. Del resto i più illuminati fra gli uomini di Zingaretti lo hanno capito bene: infatti non sono contrari alla scissione».

La scissione dunque è un disegno chiaro, lineare e ormai metabolizzato da chi lo ha concepito, e cioè Renzi? No, non del tutto.

Il senatore di Scandicci non ha ancora deciso. Diversi sondaggi attribuiscono alla sua «cosa» la certezza di passare il turno delle europee – serve il 4% – ma escludono un vero exploit.

Sandro Gozi, uomo macchina della nuova forza, lo scorso 17 dicembre ha benedetto a Roma la nascita dell’associazione «Cittadini!». Da lì ha lanciato l’esca: «Mi auguro che Renzi guardi allo spazio centrale tra il lepenismo di Salvini, il conservatorismo della sinistra e l’incompetenza M5S. Esiste uno spazio centrale per un’iniziativa liberal-sociale, europeista, transnazionale, collegata con movimenti come En Marche e Ciudadanos e con le esperienze migliori dei verdi europei. Spero che un leader come lui voglia giocare un ruolo».

«Spero», dice. Tradotto: Renzi tentenna. Ma la macchina della scissione è in moto, ormai è impossibile spegnerla o far finta di niente.

Il dentifricio è uscito dal tubetto, per dirla con Bersani. Uno che ci ha già provato, senza successo.