Un incontro all’ora di pranzo con Carlo Calenda, una telefonata con il sindaco di Parma Federico Pizzarotti, una serie di «segnali» all’indirizzo di Giuliano Pisapia ma anche del sindaco di Milano Beppe Sala. Poi, nel primo pomeriggio, un tweet: «Il lavoro per una lista aperta e unitaria alle europee va avanti. Prossima settimana incontro con +Europa: verificheremo le loro scelte ma, qualunque saranno le loro decisioni, combatteremo una battaglia comune per cambiare l’Europa». Nicola Zingaretti lavora alla lista per le europee, ma con grande prudenza per evitare strappi.

DOPO I PRIMI NO RICEVUTI (+Europa, Verdi, Italia in comune) l’idea del «listone» di Carlo Calenda sembra sfumare. Ma il neosegretario Pd cerca di convincerlo che comunque qualcosa si può fare, anche se i potenziali alleati si tirano indietro, non per colpa del Pd. Magari un listone «Pd-Siamo europei», dal nome del manifesto dell’ex ministro. Con una forte presenza civica. Per ora Calenda non l’ha presa bene: «Ci siamo parlati con Zingaretti», il lavoro per una lista unitaria «è la strada giusta, ma intanto ho fermato le nostre iniziative. Mi diranno loro se si andrà avanti su questa strada», ha detto a Zapping (RadioUno), «Se non si fa il listone non esco dal Pd, ma chiedo ai firmatari del manifesto cosa fare, anche ai sindaci come Sala e Gori, i governatori come Rossi, se fare una forza liberaldemocratica per le europee o lasciare andare per la loro strada il Pd e +Europa». O non candidarsi affato. Iniziative cancellate dunque, come la trasferta in Sicilia, in attesa che Pd e +Europa «chiariscano le loro idee».

MA +EUROPA PARLA CHIARO, almeno per il momento: non correrà con il Pd. «Una lista unica sarebbe un errore. Il sistema proporzionale consente un dialogo con tutte le sensibilità dell’elettorato, se noi facciamo una proposta unica rischiamo di non mettere in campo tutte le potenzialità che ci sono», spiega Bruno Tabacci ad Affari Italiani. Il segretario Della Vedova è anche più tranchant: incontrerà Zingaretti ma una lista comune «neanche si pone», altro è il progetto liberaldemocratico di Calenda del quale invece «si può discutere».

C’È ANCHE UN ASPETTO concreto a fare da ostacolo. Il sistema proporzionale premia i candidati che raccolgono le preferenze, senza posizioni tutelate. E per arrivare a Bruxelles dalle liste Pd servono candidati forti, più che in una lista che strappa il 4 per cento. Poi c’è una questione di profilo politico: «Per continuare a rappresentare la stessa novità che è stata alle politiche di un anno fa +Europa dovrebbe avere l’ambizione di aggregare personalità e soggetti politici da Calenda, a Pizzarotti, a Cappato, a Volt con una proposta coraggiosamente federalista europea ed ecologista», spiega Riccardo Magi.

IL DISCORSO con Italia in comune e Verdi in effetti è aperto, anche se ancora non arriva l’accordo. Sono altre due aggregazioni non interessate al Pd. Ieri fra Zingaretti e Pizzarotti la telefonata «è stata cordiale», viene assicurato. Si vedranno. Ma la corsa comune è esclusa. Così per i Verdi: «Noi faremo lista europea, verde e civica», comunicano i portavoce Grandi e Badiali.

INCASSATI QUESTI NO, ora Zingaretti deve muoversi con cautela per convincere Calenda a restare della partita e non disperdere i voti preziosi che servono al Pd per arrivare intorno al 20 per cento o comunque per superare i 5 stelle, in calo progressivo e inesorabile ormai dalla fine dello scorso anno. Oggi pomeriggio incontrerà Frans Timmermans, lo Spitzenkandidat (candidato presidente) dei socialisti europei. Insieme cercheranno una strategia per frenare l’uscita di voti e candidati attratti dall’attivismo del presidente francese Macron.

UNO SFORZO DI EQUILIBRIO notevole. Sul piatto della bilancia c’è anche il numero degli eletti probabili: 15, forse 16, a fronte dei 26 uscenti.

PER DI PIÙ DA SINISTRA c’è chi bussa alla porta. Come Roberto Speranza, Art.1, che ribadendo l’intenzione di non rientrare nel Pd, propone una «lista unitaria progressista». Ma non ci sono incontri con gli ex Pd nell’agenda del neosegretario. La cosa più probabile che questa sinistra possa convergere su nomi di area, senza casacche di partito. Come Pisapia, Massimo Cacciari e il presidente del Parco dei Nebrodi Giuseppe Antoci, uomo-simbolo della lotta alle mafi